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Una sciocchezza? Mica tanto...

L'amministratore delegato acquista una casa lussuosa? Vendete il titolo!

21 Marzo 2008 | di Arduino Mancini Retribuzioni
Casa Berlino

Questo il consiglio di Crocker Liu, professore alla Arizona State University, e di David Yermack, suo collega alla New York University.

In una ricerca del 2006 circa gli acquisti immobiliari da parte di amministratori delegati delle società appartenenti allo S&P 500, quotate a Wall Street, Liu e Yermack hanno rilevato una correlazione fra investimenti immobiliari dei CEO e performance di borsa delle società interessate.

I titoli di società guidate da chi ha acquistato case di valore superiore alla media (3,9 milioni di dollari) degli acquisti effettuati dagli amministratori delegati hanno avuto, nei 12 mesi successivi alla rilevazione (fine 2004), una performance media dello 0,27%.

Quelli delle società guidate da chi ha comprato case di valore inferiore alla media hanno invece segnato incrementi dell’8,7%. In particolare, i 23 CEO che hanno comprato residenze di particolare pregio sono quelli le cui società hanno subìto arretramenti medi dell’1,5% nei 12 mesi successivi.

Sorprendente? Non troppo, secondo gli Autori. I quali affermano che molti CEO reperirebbero la liquidità necessaria vendendo azioni della società che guidano. Perché l’investitore deve tenere un titolo quando il CEO lo vende?

Inoltre, l’acquisto di una casa di particolare pregio sarebbe legato alla sicurezza del mantenimento dell’incarico: sicurezza che non sembra rappresentare per gli azionisti una garanzia di remunerazione.

Cerchiamo ora di ampliare la prospettiva.

Come per i prodotti finanziari “le performance passate non sono garanzia di rendimenti futuri”. Saggia regola, perfettamente valida anche per i manager, e proprio per i manager spesso trascurata.

Inoltre, la motivazione non può esaurirsi nel pacchetto retributivo. Quando questo accade, “beccato” il malloppo il manager si siede, e la gestione è priva di stimoli.

I dati di Liu e Yermack sono interessanti ma non esaustivi, perché l’analisi richiede l’esame di altri fattori, quali l’ansia che coglie chi cerca disperatamente un candidato “buono”.

Ad esempio, mi è accaduto di assistere a casi nei quali il desiderio di “portare a bordo” un manager vincente ha generato una insufficiente verifica di reali (e molteplici) motivazioni, e di vedere la retribuzione come leva di più facile e diretto utilizzo. Raccogliendo frutti non sempre coerenti con le attese.

In conclusione, come deve essere il CEO che guida l’azienda per la quale lavorate?

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Commenti
Massimo Alagia 8 Aprile 2013 0:00

A me sembra una grandissima calcolata , all’americana

AM 8 Aprile 2013 0:00

Calcolata?

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