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Un manuale per l'infelicità

12 Giugno 2008 | di Arduino Mancini Costruisci la tua resilienza


Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo, ma non il martello. Il vicino ne possiede uno, così decide di farselo prestare. A questo punto gli sorge un dubbio: e se non me lo volesse prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma forse la fretta era una scusa perché ce l’ha con me. E perché? Io non gli ho fatto nulla. Se qualcuno mi chiedesse un martello io glielo darei subito. Perché lui no? Come si può rifiutare un favore tanto banale? Gente così rovina l’esistenza al prossimo. Per giunta pensa che io abbia bisogno di lui, e solo perché possiede un martello. Adesso basta! E così si precipita dal vicino. Questi apre, e prima ancora che possa dire “Buongiorno” egli grida: “Si tenga pure il suo martello, villano!”

Un’anziana e nubile signora che abita in riva al fiume chiama la polizia per avvertirla che alcuni ragazzi fanno il bagno nudi. L’ispettore manda sul posto uno dei suoi uomini, che ordina ai ragazzacci di andare a nuotare più in là, dove non ci sono più case. Il giorno seguente la donna telefona di nuovo: i ragazzi si vedono ancora. Il poliziotto torna e li fa allontanare ancora di più. Dopo un po’ l’ispettore è nuovamente chiamato dall’indignata signora, la quale si lamenta: “Dalla finestra della mia soffitta li posso vedere ancora con il cannocchiale!”

È ora di farla finita con la favola secondo cui la felicità rappresenta una meta desiderabile della vita.

Troppo a lungo ci è stato fatto credere che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità.

Anche la letteratura avrebbe dovuto renderci diffidenti. Tragedie, catastrofi, crimini, colpa, follia: ecco l’origine delle grandi creazioni. L’Inferno di Dante è di gran lunga più geniale del suo Paradiso; lo stesso vale per il “Paradiso perduto” di Milton, in confronto al quale il “Paradiso riconquistato” è del tutto insipido.

Cosa saremmo senza l’infelicità? Essa ci è dolorosamente necessaria. Tutti possono essere infelici, ma è il rendersi infelici che va imparato, e a ciò non basta certamente qualche sventura personale.

Ma istruzioni utili e pertinenti per rendersi infelici sono, anche nella letteratura psicologica, rare e solitamente del tutto casuali. Allo scopo di colmare un vuoto insostenibile, questo libro vuole rappresentare un piccolo, responsabile e consapevole contributo: un manuale per rendersi infelici.

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Il corsivo che vi ho presentato è liberamente tratto da “Istruzioni per rendersi infelici” (Paul Watzlawick, Feltrinelli, 1997), un piccolo, grande libro che si legge in un’ora.

Con queste pagine ricche di umorismo Paul Watzlawick ci fa provare il disagio di riconoscerci in uno specchio ironico e ci invita a riflettere sull’opportunità che abbiamo, ogni giorno, di evitare qualche infelicità di troppo. Come?

Imparando, paradossalmente, a seguire dettagliate “Istruzioni per rendersi infelici“.

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