Uno studio interessante dagli USA
Quando il capo non è riconosciuto tale
Uno studio condotto nel 2008 negli USA (studio online realizzato da Harris Interactive e Randstad) su un campione di 2.337 persone, ha evidenziato una sostanziale carenza di leadership nelle persone che occupano posizioni di comando.
Ma vediamo qualche dettaglio:
· Il 50% dei lavoratori statunitensi non ha una buona considerazione del proprio capo;
· il 30% degli intervistati si è espresso con parole di stima nei confronti di chi guida l’azienda;
· Il 43% reputa che il capo sia disponibile ad ascoltare nuove idee;
· il 4 % è disponibile a lavorare anche oltre il dovuto, nella speranza di impressionare chi comanda in azienda e nell’intento di contribuire alla sicurezza del proprio posto di lavoro.
Che dire? È vero, i sondaggi tendono ad attrarre prevalentemente persone che hanno voglia di parlare del proprio disagio, ma sminuire la portata di questi dati sarebbe un errore.
Appare evidente che negli USA i capi hanno seri problemi nel guidare e nell’influenzare in modo produttivo le persone che guidano e questo rappresenta un problema del quale non vi sembra essere sufficiente consapevolezza.
Inoltre, domandiamoci quale risultato abbia prodotto un trentennio di formazione orientata a formare leader a “elevato contenuto etico” promossa dalle business school americane (e importata a mani basse in Europa): forse, come dice Barbara Kellermann nel suo libro “Cattiva Leadership”, prevalentemente a gonfiare il fatturato di molti consulenti e case editrici.
Cosa fare allora?
Prima di tutto ripensare il modello di leadership, consapevoli che il modello “cavaliere senza macchia e senza paura” ha fallito la sua missione, aiutando i capi ad acquisire consapevolezza del proprio ruolo di gestori della principale ricchezza dell’impresa.
E formare leader che sappiano interrogarsi su di sé, sul proprio ruolo e sulla efficacia della propria gestione, consapevoli che rispettare e sviluppare professionalmente le persone rappresenta il loro compito principale.
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