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Leader e seguace secondo Machiavelli
27 Settembre 2010 | Fare il (e la) leader, che fatica…
Debbo ammettere di essermi avvicinato tardi, come consulente, al tema della leadership.
Una delle ragioni sta nella mia difficoltà di rispondere a due domande:
- perché i “cattivi” leader hanno successo?
- perché il modello di leadership, proposto dalla letteratura manageriale di stampo anglosassone, finisce spesso per fare acqua?
Una spiegazione va ricercata nel legame, parecchio articolato, fra leader e seguaci.
Sentite cosa scrive su quest’argomento Niccolò Machiavelli, uomo che non poteva essere certo tacciato di scarso senso della realtà.
Quando un ministro pensa più a sé che a te, e da ogni azione cerca di ricavare un utile per sé, questi non sarà mai un buon ministro e mai te ne potrai fidare.
Chi amministra lo Stato di un principe, infatti, non deve pensare mai a sé, ma sempre al principe, e non deve mai rammentargli cose che non riguardino il principato.
D’altra parte il principe deve pensare al ministro, perché questo continui a comportarsi bene, onorandolo, rendendolo ricco, conquistando la sua gratitudine, affidandogli incarichi di responsabilità.
Affinché egli si renda conto di non poter restare in carica senza la protezione del principe e affinché i molti onori non gli facciano desiderare altri onori, la molta ricchezza non gli faccia desiderare altra ricchezza, e i molti incarichi gli facciano temere i rivolgimenti politici.
Quando i ministri e il principe hanno rapporti di questo tipo, possono aver fiducia l’uno nell’altro: altrimenti ci saranno conseguenze dannose o per l’uno o per l’altro.
Insomma, il Machiavelli propone la visione di un legame fra leader e stretto collaboratore cementato dal potere e dalla ricchezza che gli uni tendono a garantire agli altri: una visione molto attuale e pochissimo, consapevolmente, conosciuta.
Il brano è liberamente tratto da Il principe.
Chi desidera una lettura divulgativa per approfondire l’argomento può leggere il libro Cattiva leadership.
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