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Ma i libici, chi li ha chiamati?

8 Ottobre 2010 | di Arduino Mancini Politica, politici, politicanti - Storie Storielle Storiacce

 

Tutti saprete che Unicredit ha licenziato Alessandro Profumo, l’amministratore delegato che ne ha fatto una banca di dimensione europea…
Uno dei motivi scatenanti l’ira di taluni azionisti è stata la scoperta della presenza di soci libici in consiglio di amministrazione.
Il 4,99% in possesso della Banca Centrale Libica, il 2,59% (da poco arrotondato) controllato dal fondo Lybian Autority Investment: la somma delle due percentuali fa della Libia il socio di riferimento di Unicredit.
Ai più è parsa una scoperta insostenibile e la corsa alla semplificazione ha visto una folta partecipazione: la più grande banca italiana è libica.
Ma chi li ha chiamati, i soci libici?
Torniamo a due anni orsono, quando Profumo, sotto la spinta della crisi finanziaria, fu costretto a varare in fretta e furia una ricapitalizzazione della banca per € 4 miliardi.
Soldi non ce n’erano e i libici si dissero disponibili a tirarne fuori un bel po’, fino ad arrivare a una quota appena sotto il 5%: molti, evidentemente, si girarono dall’altra parte fingendo di non vedere.
Soldi veri, quota di controllo rilevante ma dissimulabile fra quelle di altri azionisti (diversi dei quali con quote fra il 4 e il 5%): insomma, i libici potevano passare inosservati nelle nebbie di un azionariato diffuso.
Poi il colpo di scena: spunta un altro investitore libico che si becca un altro 2,59% e porta la quota di controllo libica a oltre il 7%.
E allora dei libici tutti debbono accorgersi.
Chi li ha chiamati? Agiscono insieme o disgiuntamente? Il presidente Rampl non ne sa niente.
Profumo era d’accordo? E perché non ci ha informato?
Fuori i libici dalle banche Italiane, o padane se preferite.
Profumo diventa così l’unico amico dei libici.
E così sia.
Dopo l’esecuzione spunta la dichiarazione del governatore della banca centrale libica:
  • in Unicredit siamo stati chiamati;
  • abbiamo eccellenti rapporti con il governo italiano, quindi anche con la Lega Nord;
  • siamo interessati alla banca, non al destino personale di Alessandro Profumo.
Nessun commento, né smentita da parte italiana: né dai soci Unicredit né dal governo.
Unica nota il commento di Umberto Bossi: adesso fanno paura i soci tedeschi!

Che avrà voluto dire? Bah …

Un nemico, in “quasi” campagna elettorale, fa sempre bene.

Sarebbe stato bello sentir motivare il licenziamento dell’amministratore delegato con la scarsa redditività della banca: del tutto comprensibile e nelle regole del gioco.
Ma non chiediamo troppo.
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Commenti
Anonymous 14 Ottobre 2010 0:00

Profumo sapeva dell'ingresso dei libici e gli altri…anche ! Però gli altri si sono defilati e quando è scoppiato il caso hanno lasciato che Profumo fosse l'unico responsabile; d'altronde questo ruolo non è dispiaciuto a Profumo che, lodato da una parte politica, ha comunque fatto la figura del manager che ha saputo trovare risorse per la banca e ha incassato una ricchissima buonuscita (come la mettiamo con l'etica sempre tanto invocata e poi ricoperta di pecunia??). Prova provata: nessuno parla dell'andamento gestionale della banca ! Quanto alla Lega Nord la lottizzazione va bene solo se ci sono leghisti ad occupare le poltrone.

Sebastiano 16 Ottobre 2010 0:00

Arpe, Profumo … Chi combina qualcosa di decente in Italia in un modo o nell'altro deve fare posto. Con il risultato che le poltrone se le fanno girare sempre i soliti (super)manager, quelli che scappano da compagnie aeree e ferroviarie con in tasca un bonus degno di Gordon Gekko e le rovine fumanti della società, che per anni hanno guidato, alle loro spalle.

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