Perché paghiamo per “non” andare in palestra?
Semplicemente perché ci sopravvalutiamo.
Una ricerca del 2005 di due professori dell’Università di Berkeley (Della Vigna e Malmedier) ha condotto al risultato che le persone frequentano le palestre il 50% meno di quanto confidano di fare al momento dell’iscrizione.
Su questo le palestre basano la loro strategia di prezzo: vediamo come.
Le palestre tendono a favorire gli abbonamenti di lungo periodo, con 4 opzioni:
- ingressi prepagati (10 o 20, difficilmente di più);
- abbonamento mensile;
- abbonamento trimestrale, offerto a un costo superiore più o meno del 50% a quello annuale;
- abbonamento annuale, offerto a un costo orientativamente doppio di quello trimestrale.
Quale scegliete, di solito?
L’ultima volta (tempo immemorabile fa, come dimostra il mio profilo…) ho scelto il trimestrale, facendo una fatica boia a rendere il mio abbonamento conveniente rispetto al carnet di ingressi singoli.
Scopro oggi di essere in buona e numerosa compagnia.
Secondo lo studio americano le persone si recano in palestra orientativamente 4-5 volte al mese invece delle 10 preventivate: circa l’80% di coloro che avevano stipulato un abbonamento mensile avrebbe fatto meglio a optare per i singoli ingressi.
Insomma, spendiamo troppo in relazione al tempo trascorso in palestra.
Osserva Della Vigna: ”Tendiamo a sopravvalutarci, confondiamo ciò che dovremmo fare con ciò che faremo”.
Questo, le palestre, lo hanno capito e hanno conseguentemente orientato le strategie di marketing.
Alcuni decenni fa si accedeva alle palestre solo per ingresso singolo. Quando l’elettronica ha permesso di controllare la frequenza degli ingressi hanno fatto la loro comparsa gli abbonamenti, che hanno incrementato notevolmente gli utili delle palestre.
Insomma, la lettura dei risultati dello studio ha minato la mia autostima.
Siamo tutti così? Direi proprio di no.
Mia moglie, infatti, mi aveva caldamente e saggiamente consigliato l’opzione degli ingressi prepagati, da me ignorati in favore dell’abbonamento trimestrale.
Ebbene, a voi posso confessarlo: furono tre mesi di inferno.
Corse, incastri fantozziani, giornate di per sé faticose concluse a buttare fuori sudore e scandite dal calcolo continuo del numero di ingressi che avrebbe reso il mio abbonamento vantaggioso rispetto al singolo ingresso.
Il tutto in rigoroso, sofferto e soprattutto diplomatico silenzio.
La notizia dello studio è ripresa dal libro Il metodo antierrore.