Il capo ti dà del tu o del Lei?
Domanda interessante, vero?
Come dobbiamo comportarci per mantenere una buona relazione, comunque a basso rischio?
Proviamo a dare un’occhiata ai comportamenti più comuni, senza addentrarci troppo in casi particolari.
Il capo ti da del Lei.
Te lo tieni senza fiatare, che ti piaccia o no, e rispondi con il Lei.
Il capo
- dà del Lei a te e a tutti i colleghi del tuo livello gerarchico;
- impiega il tu tutte le volte che può con i colleghi del suo stesso livello gerarchico e superiore.
Vedi punto precedente: se non ti va giù prendi il bicarbonato.
Il capo
- dà del Lei a te;
- dà del tu a tutti gli altri.
Se comincerai a nutrire qualche sana preoccupazione per il tuo futuro non ti serberò rancore.
Il capo dà del tu a tutti e a tutti chiede di fare altrettanto.
Lo stile di comunicazione è chiaro e puoi concentrarti sul tuo lavoro senza troppe dietrologie.
Il capo dà del tu a tutti e
- non lo hai mai visto chiedere di fare altrettanto;
- tutti gli rispondono con il tu: fatta eccezione per te, che non osi rischiare;
- tutte le volte che lo vedi speri vivamente che ti tolga l’imbarazzo “sdoganandoti” e passando al tu.
La faccenda è seria. Come ti comporti?
- Parti anche tu con il tu, senza che te lo abbia chiesto, esponendoti al rischio che ti rimetta in riga?
- Ti esponi all’imbarazzo di riunioni in cui sei l’unico e rivolgersi al capo con il Lei? Sai le risate?
- Ti avventuri in temerari giri di parole che ti portino a evitare sia il Lei sia il tu (esperienza terribile, ve lo garantisco), magari rischiando di perdere il filo del discorso?
Non ho una risposta certa, ma un suggerimento mi sento di dartelo.
Prima di cimentarti in pericolosi contorsionismi verbali e lambiccarti il cervello con scenari catastrofici circa il tuo futuro, domandati se per caso il capo non sia uno di quelli che il tu ce lo hanno radicato dentro e non badano neanche a come uno si rivolge loro.
Perché, in questo caso, il malcapitato della vignetta potresti essere tu.
Molto facile ridursi in questo caso ad essere i malcapitati della vignetta!!
Credo però che se il capo ci dà del tu e come a noi lo dà a tutti forse occorrerebbe approfittare nei giusti termini di questa sua spontaneità, sfruttando il momento meno plateale ed imbarazze per toglierci dall’inghippo chiedendo semplicemte di poter terminare una frase iniziata con un cordialissimo lei con un rilassante tu.
Per i più bravi con le parole anche un tu improvviso in una frase iniziata con il lei se seguito da doverose scuse non toglie dubbi!
o il capo ci sdoganerà dal problema o nel caso contrario faremmo meglio a continuare a dagli del lei! Che ne dite??
Dico che mi pare un buon espediente. Da attuare con cautela, come sempre in questi casi.
Grazie Giorgia e a presto leggerti.
Arduino
Il mio capo è passato dal titolo e dal lei al nome di battesimo ed al tu. Continuo a dargli del lei per mantenere le distanze; tanto i capi sono ondivaghi: oggi amichevoli, domani censori implacabili al minimo errore.
Nelle organizzazioni, come nella vita, l’imprinting condiziona moltissimo.
Il modo di relazionarsi tra i vari livelli gerarchici (il corretto protocollo di comunicazione) si definisce sin dalle prime battute, poi è molto difficile cambiare: avete presente Fantozzi e Filini che si davano il lei?
Io sono stato fortunato: in ogni nuova esperienza lavorativa sono sempre debitamente istruito sul giusto pronome da usare, spesso dai capi stessi, talaltra da un responsabile HR.
Ma il “lei” o il “tu” di per se non bastano a definire il grado di “familiarità” della relazione. Ci possono essere dei “tu” taglienti e dei “lei” quasi giocosi.
Quello che conta è comprendere il clima dell’ecosistema ed adattarvisi.
Concordo con Giorgia sul fatto che, in caso di dubbio, è sempre apprezzabile un chiarimento, quanto prima, tanto meglio.
Io penso che bisogna semplicemente adeguarsi al contesto. Le gerarchie aziendali non possono travalicare il rispetto della persona. Mi dai del tu? Sono libero di risponderti col tu. Mi dai del lei? Bene, mi attengo a questa forma. Credo che l’uso da parte del capo di un “lei” ostinato, nasconda altri problemi. Tuttavia non siamo pagati (ancora) per fare gli psicoterapeuti 😉
Buongiorno.
E’ la prima volta che capito su questo sito e ho curiosato un po’ imbattendomi in queste riflessioni….
Io sono una di quelle affezionatissime al Lei.
Per me non ha mai significato meno confidenza o meno “trasparenza” nei rapporti anzi, ormai direi che sono “specializzata” nell’essere l’assistente di fiducia di diverse figure direttive o facenti parte della proprietà. Ma nonostante la delicatezza e spesso la riservatezza che tale posizione comporta, con il “lei” ho sempre espresso la mia opinione senza imbarazzi e fronzoli alcuni. In azienda credo di essere una delle poche che si rivolge ai dirigenti e alla proprietà in questo modo e sono stata invitata a passare al tu in più occasioni ma, in tutta sincerità, non ci riesco e forse, come dice un utente sopra, per “imprinting” sia familiare che lavorativo.
Dare del “Lei” per come la vedo io è riconoscimento di un ruolo (che attenzione non va visto come segno di “rispetto”, il rispetto è altra faccenda).
Personalmente non fa differenza il modo in cui invece le persone si rivolgono a me a patto che il modo usato sia lo stesso per chi mi circonda… Mi spiego meglio: il mio capo da del tu a tutti i personaggi del suo staff me inclusa, benissimo. Alcuni dirigenti danno del tu ad alcuni e del lei ad altri basandosi su eventuali titoli di studio se conosciuti(perchè devo essere tenuta a diffondere quale è il mio grado di istruzione all’interno degli uffici?): ecco questo non mi piace. A prescindere dal ruolo e dalle competenze uno è lei e l’altro tu.
Oppure ancora più semplicemente: entro in un negozio magari trafelata e di corsa con la tuta, davanti a me un’altra donna ben vestita. A questa la commessa si rivolge con il lei a me con il tu: Questo non mi piace.
In sostanza io sono cliente al pari, come sono collega al pari del “dott”.
So che può sembrare un discorso contorto ma è una cosa che sento “innata”.
Non vedo nulla di male nell’utilizzare il lei: per mia esperienza non è barriera, non è distanza e non è difficoltà…
@Teresa.
Benvenuta. L’articolo affronta il tema fra il serio e il faceto, come spesso mi accade di fare, senza voler dare ricette valide sempre: perché non ci sono comportamenti che funzionano sempre. Dalle tue parole mi pare che tu sia riuscita a far convivere le consuetudini aziendali con la tua educazione e il tuo modo di essere.
Tanto di cappello.
A presto leggerti,
Arduino
PS Il “tu” applicato con il criterio del livello gerarchico o con il grado di istruzione mi fa rabbrividire…
Premetto che non voglio parlare di regole ma di come le usanze cambiano col tempo. La stessa forma di cortesia, usata verso due persone, oppure in modo diverso, in due contesti diversi, credo possa essere “percepita” in modo diverso.
Ho studiato in Germania. Nonostante il tedesco, non è certamente privo di formalità, davo del “tu” ad un mio professore ed è stato lui a volerlo.
Il rapporto tra noi è sempre rimasto strettamente professionale e il rispetto nei suoi confronti non mancava.
Se devo essere sincero è uno dei rapporti più professionali che abbia mai avuto.
Oggi, dare del tu, è considerato da molti solo un modo più informale di parlare. Non toglie niente al rispetto per il curriculum della persona.
Klaus Gehrig della Lidl, per fare un esempio, ha deciso di farsi chiamare “per nome” da 370 mila dipendenti, per lo stesso motivo. Questa iniziativa è stata criticata in Germania da alcuni, ma voleva dare un segno di cambiamento.
Qui in Italia, almeno nella mia città, molti danno del lei solo per un fatto anagrafico (indicare qualcuno più vecchio ) Nella maggior parte dei rapporti nei quali vedo usarlo, manca comunque quel senso di rispetto- asimmetria che rappresentava una volta. Anzi.. se devo dire la verità: vedo dare alle persone che si stimano spesso del tu.. quando il dialogo diventa conflittuale(quasi da chiamare un avvocato) mi è capitato che qualcuno passasse al lei.
Le persone che mi hanno trattato peggio e con più maleducazione, nella mia vita hanno usato tutte il “lei” nei miei confronti.
Con questo non voglio dire che non si debba usare il “lei”, solo che in una società profondamente cambiata, illudersi che le forme di cortesia possano rappresentare un vero rispetto o asimmetria tra due persone, non mi convince. Bisogna sempre valutare il contesto e il “modo”.
Sono altri i fattori di rispetto che sono importanti. Non mi stupisce che in un ambiente di lavoro ci si possa dare tutti del tu, lavorando in maniera efficiente e rispettando chi ha un grado superiore in altri modi.
Aggiungerei che anche l’appellativo “signore” che una volta era segno di grande rispetto, oggi viene usato dalle mie parti per indicare qualcuno “invecchiato”. Spesso per prenderlo in giro.
Esistono anche film comici nei quali le forme di cortesia vengono usate per umiliare qualcuno, nei film ambientati in altre epoche succedeva l’opposto.
Detto questo: in generale mi adatto all’ambiente di lavoro. Si capisce di solito chi pretende l’uso del lei e chi non ci tiene, guardo gli altri del mio stesso livello come si comportano e mi adeguo. Non ho mai avuto grossi problemi in tal senso. La maggior parte dei principali con cui ho lavorato tenevano poco al “lei” ma di più ad altri tipi di rispetto.
P.s: è solo il mio parere, basato su esperienze di vita.
Alla base di tutto sta sempre il rispetto reciproco e l’intelligenza, al di là dei formalismi.
Personalmente preferisco il “Lei” almeno sul lavoro, ma capisco che i tempi sono cambiati.
L’unico problema è ricordare con chi si era per “Tu” e con chi per “Lei”.