Come inchiodare il destinatario alle sue responsabilità...
Adesso te l'ho scritto!
Post rivisto il 22 luglio 2021
Almeno una volta, confessiamolo, lo abbiamo fatto tutti:
scrivere una bella e-mail che inchiodasse il destinatario alle sue responsabilità.
E mettendo in cc mezzo mondo, proprio per non lasciargli via di scampo.
Tendenzialmente l’”adesso te l’ho scritto” viene usato “contro”:
- colleghi che tendono ad assumere impegni verbali e a disattenderli, a loro discrezione.
- L’e-mail ha la funzione di rendere universalmente noto il fatto che un impegno è stato assunto e che aspettiamo l’interessato al varco (noi e tutti quelli che abbiamo saggiamente messo in cc, notoriamente felici di ricevere questo genere di missiva).
- La speranza è che il messaggio funga da deterrente e il furbacchione si dia una regolata;
- il capo che tende a dare al collaboratore disposizione di agire in area grigia, nella quale le responsabilità non sono chiaramente definite, senza tutelarlo adeguatamente.
- Casi tipici la vendita di prodotti ancora in fase di test (non ancora ufficialmente “rilasciati”), l’inserimento in nota spese di una cena di importo superiore a quelli limite definiti dalla direzione del personale (il classico “tu paghi io firmo”, tanto per intenderci), l’invio di una lettera spinosa a un soggetto terzo (Cliente, fornitore o altro) con il quale il capo non si vuole esporre (meglio essere prudenti…).
- In questo caso l’e-mail rispedisce al mittente la responsabilità, spesso vestendola da messaggio che informa circa lo stato delle cose, con numero di persone in cc ridotto all’essenziale;
- il collaboratore che tende a condividere determinati impegni e a “dimenticare” le scadenze confidando nel fatto che il capo, oberato di impegni, finisca per dimenticarsene.
- Il messaggio e-mail ha il fine di far capire al collaboratore che il capo è sul pezzo e che c’è poco da fare i furbi.
È chiaro che l’adesso te l’ho scritto non è di semplice gestione perché il collega e (soprattutto) il capo, vedendo scoperto il gioco, potrebbero contrattaccare accusando il mittente di non nutrire la fiducia necessaria al gioco di squadra (sigh!).
Cautela quindi.
E con il collaboratore, con lui almeno possiamo stare tranquilli?
In generale direi di sì, ma un pizzico di attenzione alle relazioni che è stato capace di costruirsi non guasterà: se sono troppo in alto…
Tu cosa ne dici? Vedi altre applicazioni di “adesso te l’ho scritto“?
Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.
caro arduino,
esiste anche il caso opposto. “Come mai non è avvenuta quella cosa?” “Non so, gli ho scritto”. Quando mi sento rispondere così, perdo il lume della ragione. Di conseguenza i miei collaboratori sanno che un ottimo modo di farmi imbizzarrire è ritenere una questione affrontata con il semplice espediente di mandare un e-mail. Se fai una telefonata ti esponi, se scrivi ottieni un salvacondotto per non far nulla fino a (improbabile) reazione altrui. “adesso gliel’ho scritto” consente meravigliosamente di illudersi di aver fatto qualcosa…
🙂
federico
Concordo con Federico. La quintessenza della furberia poi è nell’inviare un’email, magari alle 17.59 di venerdì con scritto (rimango sul generico perché può adattarsi a qualunque situazione): “questa è la mia parte di lavoro, rimango in attesa da te di questo, questo e quest’altro, per poter proseguire”.
In questo modo il furbetto nel week end dorme tra 4 guanciali avendo rifilato la patata bollente a qualcun altro: il furbetto dà l’idea che da quel momento eventuali ritardi dipendano dal destinatario dell’email.
caro federico,
bellissimo. Farò post e vignetta nel 2012.
grazie e ancora auguri.
Torna spesso, ti aspettiamo tutti.
Arduino
eh si, le regole della posta elettronica ……, ma come si faceva prima dell’email? si registravano le telefonate? sono convinto che la posta elettronica sia stata una vera rivoluzione con pro e contro.
un abbraccio e Auguri a tutti
nino
Personalmente utilizzo “Adesso te l’ho scritto” quando sono veramente spazientita dall’inerzia di qualcuno, se questa inerzia è in grado di compromettere il lavoro del gruppo.
Sapere che un eventuale fallimento del gruppo potrebbe far ricadere la responsabilità su di lui serve certamente a pressarlo.
Se ciò non accade, il capo saprà di chi è la colpa.
Certo, questo non ripaga del fallimento, ma almeno è un deterrente per il futuro.