Adesso te l'ho scritto: la versione di Federico
Nel post con il titolo adesso te l’ho scritto ho descritto una tecnica diffusamente impiegata per “inchiodare” le persone alle proprie responsabilità.
Ma esiste un’altra versione, che ha lo scopo di evitare di assumere su di sé la responsabilità di far accadere le cose. Me l’ha ricordata Federico, amico di vecchia (sig!) data e manager navigato: leggiamo direttamente le sue parole.
Caro Arduino,
esiste anche il caso opposto. “Come mai non è avvenuta quella cosa?” “Non so, gli ho scritto”. Quando mi sento rispondere così, perdo il lume della ragione. Di conseguenza i miei collaboratori sanno che un ottimo modo di farmi imbizzarrire è ritenere una questione affrontata con il semplice espediente di mandare un e-mail. Se fai una telefonata ti esponi, se scrivi ottieni un salvacondotto per non far nulla fino a (improbabile) reazione altrui. “Adesso gliel’ho scritto” consente meravigliosamente di illudersi di aver fatto qualcosa…
Una piccola integrazione: la versione più pericolosa di questo comportamento consente di affossare le attività che sappiamo non saranno seguite dall’interessato senza il nostro intervento. Cosa che può essere fatta consapevolmente.
Che pericoli si corrono con la versione di Federico?
Pochi, in generale: ma con capi come lui ci si può fare male…
Non credi?
Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.
Buongiorno Arduino.
Ebbene si, sono uno che scrive. E che scrive come un forsennato, al capo, ai colleghi, ai fornitori, all’ufficio qualità dei clienti…
E’ l’unico modo che ho per dimostrare che sto lavorando, che ci tengo, che sto cercando la via migliore per far funzionare le cose. E poi è l’unica risposta a richieste insistenti, spesso raddoppiate (il capo) ad una collaborazione latitante (i colleghi), a richeiste inevase (i fornitori) e così via.
Credo che la fonte di tutto questo mettere nero su bianco sia una sola: l’incapacità di prestare ascolto, vera attenzione.
E siccome se non si ascolta non si capisce, si cerca di tutelarsi in altro modo, una sorta di autodifesa professionale; ben sapendo che gli obiettivi di un’Organizzazione sono altri.
Chiedo a te un aiuto: come se ne esce ?
Ciao Roberto,
scusa se ti rispondo con ritardo.
Nei due post “adesso te l’ho scritto” non va necessariamente letta una condanna del comportamento.
Mentre nel secondo abbiamo la rinuncia a una responsabilità implicita, nel primo traviamo lo stratagemma per fare in modo che le cose funzionino.
Leggo nelle tua parole il disagio verso una situazione che ti costringe a scrivere molto per lasciare una traccia del tuo lavoro, come se solo la segnalazione di un “problema rivelasse la nostra esistenza.
Cosa consigliarti? Di non scrivere più? Francamente non me la sento, poiché non ritengo di avere sufficienti elementi per valutare la situazione.
Dici che l’organizzazione ha altri obiettivi: immagino diversi dal creare profitti e un ambiente di lavoro che favorisce i risultati.
E capi per i quali le persone non sono altro che mezzi di produzione.
Puoi dirmi di più?
Chiedo anche il parere di Federico, se è in ascolto: e magari anche ad altri lettori.
Proviamo a darti una mano.
Fatti leggere presto,
Arduino
è giusto mandare le mail, ma devono essere anche decisive e decisionali(come un comando).
anche io ne mando molte ma…, se mi serve urgentemente e fatta bene una cosa chiamo al telefono
Ciao giampiero e benvenuto.
Sei sicuro che il tono debba essere di comando?
non ho detto “con il tono di comando”, ma
come un comando,
deciso, preciso, svolgibile e verificabile.
ciao, poi ti voglio parlare della mia associazione