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Il dipendente auto-pagato

La disoccupazione giovanile rappresenta un problema serio per lo sviluppo della società.

Per molti genitori offrire ai figli la possibilità di costruirsi una vita in autonomia e in accordo a ciò che sentono di essere rappresenta, forse, la priorità della vita.

Eppure i ragazzi fanno fatica, troppa fatica a trovare un lavoro.

Solo questione di crisi?

Mi è capitato, negli ultimi due anni, di imbattermi in selezioni di personale neo-laureato e di osservare alcune situazioni ricorrenti:

  • definizione “approssimativa” del ruolo da coprire;
  • attese elevate circa le esperienze e competenze maturate, in relazione all’età dei candidati;
  • budget “contenuti”.

Insomma, il selezionatore cerca spesso la solita “botte piena e moglie ubriaca” con un’unica certezza: nella botte non c’è il vino per far ubriacare la moglie.

Solo questione di risorse?

Prima di tutto questione di chiarezza di idee, perché difficile coprire adeguatamente un ruolo se non lo si è prima correttamente definito; e poi di volontà di offrire ai giovani quella motivazione al lavoro che permette loro di dare il meglio di sé all’organizzazione.

Perché senza motivazione non c’è risultato: il resto è pia illusione.

Ho chiesto a Manuela Branco (@cheriluna su twitter), giovane e brillante laureata che ho conosciuto di recente e che mi ha raccontato la sua esperienza nella ricerca di un lavoro, di rispolverare l’antica passione per il disegno e descrivere una situazione che si è trovata ad affrontare durante un colloquio di selezione.

È con piacere che vi presento la sua vignetta, fiducioso nel fatto che accetti l’invito a disegnarne altre per noi.

Voi che ne dite?

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