Come non uscire malconcio da un negoziato di posizione?
I 7 comportamenti che ti sbattono nell’angolo del prezzo.
Il negoziato di posizione focalizzato sul prezzo segue una dinamica del tutto simile a quella rappresentata nella vignetta.
Da cosa nasce?
Due persone, venditore e acquirente, si confrontano per scambiare un bene (fisico o no) in cambio di un corrispettivo in denaro: il valore al quale lo scambio avviene è fissato attraverso posizioni successive assunte da ciascuna parte.
In questo tipo di negoziato chi ha la meglio è quasi sempre chi dispone del denaro: la parte venditrice invece è costretta sulla difensiva e finisce spesso per accettare le condizioni dettate da chi acquista.
Il negoziato di posizione focalizzato sul prezzo è ben presente nella vita quotidiana e tutti noi ne facciamo largo uso, con alterna fortuna, per contenere i costi di acquisto.
Per chi questo tipo di negoziato rappresenta una sorta di maledizione sono le imprese e, soprattutto, i venditori; costoro finiscono spesso per essere spinti “nell’angolo del prezzo” e pestati come cotolette fino a quando il cliente non ha raggiunto il suo obiettivo, e cioè pagare il meno possibile.
Magari meno di quanto inizialmente previsto, tanto per dare qualcosa in pasto al proprio ego.
Memore dei colpi presi in gioventù, dai quali non mi sono ancora completamente ripreso, mi piacerebbe fare qualcosa per preservare l’incolumità fisica di tanti bravi professionisti.
Ho allora deciso di scrivere questo breve articolo per condividere alcuni segnali che mi hanno permesso in passato di capire per tempo se la trattativa avrebbe preso la deriva del prezzo, e di prendere adeguate contromisure.
Vediamo brevemente quali possono essere questi segnali.
Ne ho selezionati 7:
- fin dalle prime battute dell’incontro il cliente chiede notizie circa il prezzo finale, disinteressandosi delle altre caratteristiche della fornitura. Livello di servizio? Qualità dell’assistenza? Caratteristiche distintive del prodotto? Dettagli irrilevanti;
- l’analisi delle esigenze del cliente è condotta in modo sommario e il venditore emette l’offerta subito dopo il primo incontro, togliendo spazio alla valorizzazione di tutti quei fattori che possono aggiungere valore a ciò che si intende vendere. Ma il tempo, si sa, è tiranno;
- il venditore è convinto che chi acquista si trovi in una posizione di vantaggio e che chi chiede denaro sia destinato ad accettare le regole imposte da chi lo possiede;
- il venditore è naturalmente dotato di una capacità di sintesi che lo porta a produrre offerte estremamente sintetiche, nelle quali il prezzo è l’unico vero protagonista. E se nell’offerta abbiamo indicato solo il prezzo, su cosa possiamo pensare di negoziare?
- le offerte sono inviate al Cliente, e non presentate personalmente. Del resto, perché perdere tempo se sull’offerta c’è scritto tutto?
- il venditore è sotto pressione per i risultati. Cosa meno nota di quanto dovrebbe il fatto che quando devi per forza portare a casa il malloppo la tentazione di gestire al ribasso la più immediata e la più sensibile delle variabili in gioco diventa irresistibile;
- per il venditore il prezzo è la variabile principale, tutto il resto è secondario.
Riconosci in questi segnali almeno una situazione a te nota?
Sapresti indicare o suggerire una strategia per non uscire malconcio dal combattimento?
Se vuoi saperne di più del negoziato di posizione leggi questo libro.
Altro articolo interessante. IL più delle volte come hai scritto tu ce lo tiriamo addosso noi venditori il prezzo. Io cerco di redarre offerte il più dettagliate possibili, cerco di far uscire l’anima della mia offerta. Il prezzo è una componente ma non l’unica
Ricordi il discorso sulle aziende di distribuzione del gas? Perché sceglierne (adesso che si può) una piuttosto dell’altra? Non per il prezzo, sono sostanzialmente allineati; non per il gas, è lo stesso; cosa rimane se non i servizi aggiunti e tra questi quello verso il cliente, quindi sostanzialmente la gestione delle fatture e dei pagamenti?
Forse, ma forse eh?, potrebbe essere un’arma in più, sia nel sell in che nel sell out, vedersi meglio i servizi che accompagnano il bene piuttosto che vendere il prezzo.
Certo, è più faticoso, ma allora non ti distingui più dal resto del mondo e perché ti dovrei scegliere se non per il prezzo?
@Roberto. Mi pare una buona scelte.
@Andrea. Certo che lo ricordo, e la domanda che ti ho fatto su Twitter tendeva a capire meglio la tua posizione. Alle tue considerazioni, del tutto condivise voglio aggiungerne una. Accade che si vendano prodotti ai quali aggiungere valore è particolarmente complicato (i prodotti commodity, tanto per intenderci) e allora la probabilità di andare a sbattere sul prezzo è altissima, inutile negarlo. Una cosa che vedo fare pochissimi, sia lato vendita sia lato acquisto, è classificare il loro prodotto secondo l’impiego: seguendo un modello proposto da Kralijc (mi pare si scriva così) nel 1983 e che ritengo illuminante. Lo conoscete?
Ne parleremo presto.
Grazie e a presto leggervi.
Arduino
Rileggendo i tuoi punti non posso non notare, ed è esattamente ciò che mi succede ogni giorno, che i primi due sono uno lo specchio dell’altro e che se posso porre rimedio al “mio lato” è molto più difficile farlo fare al cliente …. Mi spiego, io vendo i servizi di una azienda che produce molle, punto sulla serietà dell’azienda, sul livello della qualità assicurata ecc. ma nella testa della maggior parte dei buyers ciò vale per tutti … E quindi??? Spesso mi sento un pò pirla nel parlare di massimi sistemi quando l’interlocutore ha il cervello in modalità “calcolatrice” …. E purtroppo stà peggiorando il panorama generale …
Ottima commento Mauro, al quale rispondo un po’ in ritardo perché ho voluto vedere se avresti suscitato altri commenti.
Difficilissimo schiodare il Cliente dalla modalità calcolatrice e non sentirsi idioti in certe situazioni è impossibile: chi lo nega non ha mai venduto.
Tuttavia dobbiamo osservare che:
– non è solo il venditore a dover uscire dall’angolo del prezzo; prima di tutto deve esistere una strategia d’impresa che metta il venditore nella condizione di agire in questo senso. E la strategia non può che essere focalizzata sulla ricerca di un vantaggio competitivo capace di generare una differenza sostenibile nel lungo periodo fra noi e i concorrenti;
– dobbiamo, prima di tutto noi stessi, smettere di pensare che esista una differenza fra il denaro che non prendiamo abbia dignità diversa da ciò che offriamo in cambio; perché in questo caso la ricerca del “pari valore percepito” non potrà fare altro che vedere scendere il prezzo finale.
Non so se ho risposto compiutamente ma tornerò sul tema.
Resta dei nostri.
Grazie ancora del commento e a presto leggerti.
Arduino
Che il denaro non abbia dignità diversa è assolutamente “pacifico” solo che se il cliente usa l’old style (quello tipo UA FIAT, per intenderci) per lui sarà impossibile concederti i 10€ del trasporto (faccio per dire…) ed altrettanto impossibile spenderli in tempo del suo fattorino per mandarlo a ritirare la merce in azienda … Ergo, per lui il tuo denaro speso vale meno del suo …
Il guaio è che questa logica si applica, ormai, anche alla formazione. L’ufficio acquisti sceglie il prezzo più basso: così come fa per l’acquisto di penne e post-it. L’Ufficio delle Risorse Umane punta il dito sul catalogo più appealing che ha sulla scrivania. La settimana scorsa una partecipante al corso mi ha detto di essere costretta a sorbirsi un noioso corso sulla gestione del contante e sul riciclaggio (siamo in Banca, ovviamente) con esame finale, anche se lei è la segretaria di un ufficio che si occupa del libro soci… Ma il corso costava pochissimo!!! perché era costituito da un dvd messo nella intranet!
Torno al tema: il pressing che si fa sui venditori, col tempo, trasforma anche i più bravi in acchiappa-contratti! Il problema è sempre complesso e le variabili sono tante. Ma il budget (ormai mensile) resta la variabile “principe”! E quanto al valore aggiunto del servizio (post vendita o altro) … spesso va a farsi friggere se viene affidato al call center generalista (comparto Gas e luce, telecomunicazione et similia). Questo lo sperimento spesso personalmente!
Io mi occupo di consulenza organizzativa e la questione prezzo con i clienti è molto sentita, diciamo che al primo incontro è proprio una delle caratteristiche che più interessano al cliente.
Ecco delle piccole considerazioni in merito che mi sento di fare:
1) punto numero 1: mai parlare di soldi al primo incontro se non per vendere delle piccole analisi preliminari necessarie proprio a definire il progetto di consulenza vero e proprio e per stabilire l’ammontare dell’investimento. Al primo incontro bisogna conoscerci e iniziare a capire quello che proponete, servizio o prodotto che sia.
Oppure se si vuole perdere il cliente parlare assolutamente di prezzo subito!
2) punto numero 2: non cedere alle richieste del cliente di sapere la vostra tariffa giornaliera o quanto costate e portatelo a discutere invece dei problemi che ha e che andrete a risolvere (si spera) con quello che proponete.
3) punto numero 3: proponente una prova, una singola attività (sempre pagata!) per comprendere al cliente se andate bene a lui e a voi se vi va bene quel cliente!
Se poi si crea un’intesa il prezzo diventa un di cui!
@Francesca. Incontriamo enorme difficoltà a riconoscere un valore alla conoscenza e questo rende maledettamente difficile il nostro lavoro. Per quanto riguarda il corso sul riciclaggio, sono certo che la banca era ansiosa di ammortizzare l’investimento fatto nel corso e-learning, ben lungi dal costare pochissimo (ne parlo da imprenditore, in questo caso): probabilmente la funzione che aveva commissionato il corso aveva la necessità di mostrare un rapido ammortamento dell’investimento e allora ha pensato bene di coinvolgere anche chi, del corso sepcifico, non avrebbe in alcun modo beneficiato. Così va il mondo.
@Michele. Come non condividere?
A presto leggervi, Arduino
purtroppo aumenta la coscienza di chi paga che ci sono quelli che comunque faranno tutti questi errori e si accontenteranno di quanto vuole lui