Ecco cosa c'è dietro un modo di dire vecchio come il mondo
Chi me lo fa fare?
Post aggiornato il 24 marzo 2020
Tempo fa ho scritto un post riguardante l’equazione del cambiamento, che esemplifica le condizioni in base alle quali possono verificarsi cambiamenti all’interno delle organizzazioni (e non solo).
Leggendo Quando meno te lo aspetti, uno dei libri che ho inserito nella lista natalizia mi sono imbattuto in una funzione anch’essa molto interessante.
Egli la esplicita come segue:
r = f (n)m
r è la resistenza alle nuove idee, che è una funzione (f) del numero dei dipendenti (n) che cresce esponenzialmente con il numero dei livelli di management (m).
In buona sostanza, tanto più l’organizzazione è grande e strutturata in modo piramidale tantomeno riesce a innovare.
Per quale ragione?
Le ragioni sono diverse e provo a riepilogarle in modo sommario, ripromettendomi di tornarci in futuro:
- l’organizzazione piramidale influenza l’iter che una nuova idea deve percorrere prima di diventare progetto. E con il numero di approvazioni cresce inesorabilmente anche il numero di coloro i quali non hanno alcun interesse a cambiare e si esercitano, per l’occasione, al tiro al piccione (dove il piccione spesso non è l’idea, ma chi l’ha partorita. Così impara…);
- le organizzazioni di grandi dimensioni non favoriscono la motivazione personale e quindi la costruzione di competenza, componente molto importante per la manifestazione di nuove idee. Le quali, peraltro, possono valere un tentativo di impallinamento da parte di chi al nuovo resiste.
Insomma, nonostante se ne faccia un gran parlare, l’innovazione è la vera nemica, poiché i capi tendono a vivere di rendita (perché rischiare quando si ha un certo ruolo, stipendio, famiglia e posizione sociale?) e chi sta “sotto” fa il suo spesso “ allineato e coperto”, cercando di correre pochi rischi.
Come se ne esce?
Riflettendo sul fatto che il “ chi me lo fa fare” altro non è che l’anticamera della fine, e che quando le cose vanno male arriva sempre un momento in cui il taglio è “lineare”, e non è affatto detto che buone relazioni e conoscenza accumulata e adeguatamente “protetta” possano valere la sopravvivenza.
E questo vale anche per i capi, i quali farebbero bene a ricordare che gli eventi non sempre mandano araldi.
Cosa fare allora?
Hai suggerimenti?
Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.
Buonasera;
il suggerimento che mi sento di dare un po a tutti e’ di smettere di trattenere per se’ il proprio sapere; perche tanto e’ gia’ vecchio da subito..se qualcuno ci fa credere che noi sappiamo piu di altri lo fa solo per adularci.
…..e porsi sempre una domanda che secondo me e’ essenziale: cosa c’e’ prima e cosa c’e’ dopo quello che io faccio? posso io agevolare con pensieri , parole , azioni , anche chi viene prima e dopo il mio lavoro?
Si chiama collaborazione, che pensandoci bene poi non e’ altruismo o buonismo gratuito; c’e’ convenienza per tutti a collaborare , SEMPRE.
Comprendendo questo secondo me si crea un fiume , lungo la quale scorrono le idee, che non trovano piu vecchi rami secchi o grandi tronchi tagliati apposta per ostruire.
Le idee nuove si muovono sempre , e cambiano forma , come l’acqua.
….come sono seria……
Un augurio di un po’ di sale in zucca in piu a tutti quanti …a me per prima !!!
..ok , va gia meglio :o) …
Prendo spunto dalla tua riflessione, Claudia, per dire che una delle migliori Regole per l’Organizzazione aziendale è che ogni Mansione, per qualsiasi dipendente o collaboratore, deve essere a tempo definito. Trascorso tale tempo, passaggio di consegne e si va a fare altro. Non c’è niente di meglio per mantenere dinamismo e non fossilizzarsi.
Ho lavorato per 12 anni in una Società che (per la maggior parte) si comportava in questo modo. Lo considero ancora oggi un esempio da seguire.
Buon Anno
Condivido tantissimo…e la cosa oltre a farmi sorridere per quanto è vera, dall’altro lato mi preoccupa perchè la vivo tutti i giorni che arrivo in ufficio e non so come fare perchè siamo tanti “piccoli pulcini” e nessuno vedo riesce a reagire.
La cosa bella è che a noi “piccoli pulcini” ci fanno fare anche i corsi sulla “creatività”…”sull’intelligenza emotiva”, ecc….ma i “galli” non usano le nostre idee anzi ci privano di competenze per evitare che possiamo interferire nelle loro attività.
La soluzione? Forse hai ragione…bisogna tirare il collo a questi galli! Ma chi lo sa fare?
@Claudina.
Capisco il tuo disagio, soprattutto quando l’azienda afferma di vole andare in una direzione e poi finisce per andare in un’altra.
Mi preme chiarire che non ho affermato che ai capi si debba tirare il collo, ma che l’inerzia e la difesa a oltranza delle posizioni di potere finiscono presto per generare una fine e inaspettata di carriera.
Una carriera spesso vissuta tutta sulla difensiva.
Provo molta compassione (nel senso zen del termine) per chi, come spesso accade, vive vite senza sussulti in attesa del momento in cui potranno ritirarsi.
Grazie Claudina, e a presto leggerti.
Arduino
Fai bene a chiarire…ormai di questi tempi si fraintende su tutto…in effettivi volevo solo fare una metafora! Se mi conoscessi non mi vedresti mai “tirare il collo a un gallo”…che orrore!
Ciao! Grazie a te che ci scrivi e mantieni vivo il cervello.
@Claudina. Mi viene da ridere perché quando ancora i polli non si compravano morti io andavo al mercato con mia madre e li facevamo fuori noi due. vero che ero un semplice comprimario, ma capisci che quando hai detto “ma chi lo sa fare” a tirare il collo ai galli, beh, che dire…
Grazie Claudina, mi raccomando, rimani con noi!
già già già. che orrore . . quindi qui siete tutti vegetariani giusto ? . .o si pensa che la carne si auto affetti ed entri autonomamente nelle vaschette dei supermercati ? . .
🙂
ok . .a me i galletti sulla griglia comunque piacciono un sacco . .
. . . . . . .
non dico che il vecchio deve morire e solo il nuovo deve operare. . ma che il vecchio deve appoggiare e consigliare il nuovo che avanza . .così facendo credo che i risultati ci sarebbero. .
saluti
@claudia.
Felice del tuo primo commento del 2013.
A proposito di vegetariani, hai letto la mia risposta a Claudina, qui sopra?
Ciao e a presto leggerti.
Arduino
Concordo con tutto quanto avete scritto, ma appena letto il titolo io pensavo che l’argomento fosse in stretto riferimento al periodo che stiamo vivendo e allora mi sento di aggiungere qualcosa. Il concetto è ugualmente valido, essere propositi e aperti alle nuove proposte, però lo stato attuale delle cose è veramente scoraggiante e a me viene da dire ” ma chi me lo fa fare?”. Mi sembra che tutto il sistema funzioni contro chi ha voglia di fare e di fare onestamente e che favorisca chi vuole fare il parassita e per sistema non intendo la singola azienda.
@Ilaria.
Tema “tosto”, sul quale tornerò perché non possiamo lasciarlo cadere così. Tuttavia il tuo intervento merita subito una prima risposta. Ho lavorato a lungo in organizzazioni che funzionavano con “vai avanti tu che a me mi scappa da ridere” e il “ma chi me lo fa fare” è spesso stato una tentazione forte; ma non mi sono mai lasciato catturare dalla falsa sirena e questa è stata la mia salvezza. Agire in queste organizzazioni si può, con cautela, dissimulazione e perseveranza. Se vuoi leggere qualcosa di specifico fammi sapere.
Grazie per gli stimoli e a presto leggerti, Arduino
Nella fretta dello scrivere ho fatto un errore e non mi sono spiegata bene, io parlo non da dipendente ma da titolare, sono libera quindi di essere propositiva quanto voglio ma…. chi me lo fa fare? Di continuare a lottare contro lo stato? Forse sono andata fuori dall argomento.
@Ilaria.
Le scelte sono due: essere propositivi rimando in Italia, lasciare l’Italia o chiudere. Cosa scegli?
A presto leggerti, Arduino
Ho sempre escluso l’idea di lasciare l’Italia perchè mi sento legata al luogo dove sono nata. Resto propositiva in Italia con la consapevolezza che da un’altra parte con la metà degli sforzi avrei il doppio dei risultati, vittima del mio carattere, destinata a tante delusioni e con l’alto rischio di non arrivare mai da nessuna parte. E se troverò uno più “kamikaze” di me che mi offrirà un posto di lavoro non esiterò ad accettarlo, lasciando i miei propositi al mio privato.
Temo di avere smontato il nobile intento di Arduino
di elevarci e comprendere la forma angelica che Oscar aveva assegnato alla madre, Vittima probabilmente di un epoca in cui per una donna che dovesse scegliere se essere martire ma sposata o libera ma divorziata , non vi era in realta nessuna scelta .
Pero a dire il vero io ricordo qualcosa del buon Oscar
…proprio lui ammira la madre in questo frangente ?
lui che ne ha fatte di cotte e di crude , quasi sempre pentendosi (quindi pure incoerente)
e sempre lui che in punto di morte se la e’ fatta sotto e
si e’ convertito alla cristianita’ quando non gli era rimasta piu nessuna carta da giocare?
MAH!!!
L’amore vero per me e’ felicita’ allo stato puro , una roba che viaggia a doppio senso,
diamo e prendiamo , arriva, ti fa un giro intorno e poi passa ad altro;
e ci lascia tramortiti a terra
e quando vediamo il colore del grano poi ci ricorda qualcosa per tutta la vita …
E qui la citazione ci sta; da Il piccolo Principe:
“..Ma tu hai i capelli color dell’oro..
Allora Il grano che è dorato, mi farà pensare a te.
E amerò il rumore del vento nel grano…”
Questo per me e’ quello che poi ti lascia l’amore
( che e’ una cosa bella e semplice ) ….
Saluti
cla
vi chiedo scusa . .ho postato questo mio intervento per sbaglio . . smartphone nuovo e combino pasticci . .