Quando cerchi la soluzione che... vuoi trovare
La conversazione che vedi nella vignetta è tratta dal film Risvegli e riguarda l’intervista a un laureato in medicina che ha risposto a un annuncio come ricercatore e si trova, per un equivoco, a sostenere un colloquio per la posizione di medico.
I dialoghi riassunti nella vignetta sono parte di una conversazione interessante sotto molti punti di vista, e che di quando in quando faccio volentieri vedere in aula, durante i corsi di formazione.
Per quale ragione?
Quale che sia il corso e il contesto nel quale ho collocato l’intervista, quando l’intervistato risponde all’osservazione “E non si poteva!” con “Sì, adesso lo so, l’ho dimostrato io.” invariabilmente i partecipanti ridono di gusto (e devo ammettere che anch’io faccio fatica a trattenermi…).
La scena è particolarmente divertente? Non ho questa sensazione.
Ci ho pensato un po’ e mi sono dato una risposta che vorrei condividere.
Spesso, di fronte a una situazione che implica la ricerca di una soluzione tendiamo a costruirci un’idea di come la soluzione stessa possa essere: da quel momento gli sforzi sono orienti, più o meno consapevolmente, trovare una soluzione che conferma la tesi iniziale.
Se riusciamo a trovare conferma a ciò che pensiamo abbiamo la sensazione di aver raggiunto un risultato, mentre in caso contrario prevale la sensazione del fallimento.
Ciò che suscita ilarità nella scena è il fatto che il ricercatore non consideri una sconfitta l’informazione ottenuta a valle della ricerca, e cioè che non fosse possibile estrarre un decigrammo di mielina da 4 tonnellate di lombrichi.
Ciò che ci sorprende è l’atteggiamento mentale di chi affronta la ricerca di una soluzione pronto ad accoglierne il risultato, senza preconcetti e senza cercare nutrimento per il proprio ego.
Pensi che la mia posizione sia sostenibile?