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Quando un manager può definirsi bravo?
15 Marzo 2013 | Management e Smanagement
Bella domanda, vero?
Tendiamo a valutare un manager sulla base dei risultati che ottiene nel breve, mentre dovremmo concentrarci di più su ciò che accade negli anni successivi, magari quando egli ha già lasciato il ruolo in questione.
Tuttavia, questo non ci aiuta se vogliamo avere un’indicazione di breve periodo.
E allora, come ne usciamo?
Vado a pescare nella memoria le persone di maggior valore che ho conosciuto e trovo che avevano una caratteristica in comune: si preoccupavano costantemente di fare in modo che, una volta lasciata la posizione, tutto continuasse a funzionare senza discontinuità.
Questa riflessione mi porta a concludere che un buon manager è certo uno che, quando se ne va, nemmeno te ne accorgi.
Cosa ne pensi?
Non posso essere più d’accordo
Grazie Miguel!
caro arduino,
d’accordissimo, ed esagero: non devi accorgerti di lui nemmeno quando c’è.
io seguo un principio rudimentale e un po’ volgaruccio: tutti i giorni, specie in quelli in cui ritengo particolarmente decisiva la mia presenza, mi dico: “e se mi fosse venuto un mal di pancia?”.
risposta: l’organizzazione deve poter continuare a funzionare altrettanto bene che se il mal di pancia non mi fosse venuto (e, fortunatamente, nel mio caso lo fa).
purtroppo, per ottenere questo risultato si deve lavorare moltissimo (invisibilmente, ecco il “non accorgersi del capo anche quando c’è”), molto più di quanto sia necessario fare nelle situazioni in cui tutti sono smarriti e confusi quando il capo è assente.
è il bello del mestiere 🙂
ciao
federico
Perfettamente d’accordo.
Anche e, a maggior ragione, sul primo punto, quello della valutazione dopo qualche anno dell’operato di un manager.
oggi invece, purtroppo, si vogliono indicatori istantanei, ma non funzionano….
Caro Arduino, mi sembra di essere sempre la voce fuori dal coro.
Perchè dobbiamo dare per scontato che il Manager arrivi, apprenda, organizzi e poi se ne vada e quindi solo allora valutare i risultati?
Credo sia corretto inserire il Manager come parte integrante dell’organizzazione, con la possibilità di valutare il suo operato sulla base dei risultati conseguiti col passare del tempo, senza dover per forza attendere la sua dipartita.
Un Manager che costruisce una organizzazione (cosa che richiede tempo, risorse e denaro) che può fare a meno della sua presenza a tempo indeterminato e non per una vacanza, un viaggio o una indisposizione, periodi durante i quali l’organizzazione DEVE funzionare anche in sua assenza, a cosa serve?
Comprendo la provocazione sul breve, concetto sul quale sempre più gli analisti si concentrano per le valutazioni dei grandi Manager, ma non la condivido sul medio-lungo termine; un ottimo Manager, per me, può anche spendere tutta (o buona parte) della sua carriera all’interno della stessa azienda.
Saluti
Cristian
@Cristian
Non vedo alcuna contraddizione fra quello che dici, il post e le posizioni espresse da @Miguel, @Giorgio, @Federico.
Il manager da te descritto risponde alle caratteristiche da noi sostenute.
Non sono per niente critico verso chi decide di spendere una vita nella stessa azienda, anche se riconosco che la conoscenza di mercati e organizzazioni di tipo diverso possa contribuire ad affrontare la complessità con maggiore consapevolezza.
Ho riletto il mio breve post e non vi ho letto nulla di generalizzante, poiché ho limitato le considerazioni alla mia esperienza personale.
Quanto alla tendenza a valutare nel breve credo che la letteratura ci offre tonnellate di studi e testimonianze, a cominciare dalla calamità del dividendo trimestrale che rappresenta il proiettile alla tempia dei CEO americani.
Magari hai già letto questo libro https://www.tibicon.net/libri/la-quinta-disciplina.
Quanto a te come voce dal coro per favore non farcela mancare: noi ti vogliamo così e tibicon è il tuo posto!
A presto leggerti, e magari vederti!
Concordo e aggiungo, anche se ricompreso intrinsecamente nella definizione, che un buon manager cerca e riesce a far crescere questa visione nei talenti che incontra.
Io credo che la virtù, anche in questo caso, stia nel mezzo.
Nella maggior parte dei casi, un bravo manager non è quello che si rende superfluo: la sua impronta resta necessaria per dare indirzzo, motivazione, risolvere situazioni particolarmente intricate, affrontare nuove sfide e gestire il cambiamento quando necessario:
Ma se è bravo, se sì è circodanto di persone di talento che ha saputo formare e in cui ha fiducia, può eviatre di intervenire nel loro lavoro quotidiano, può permettersi di ammalarsi e andare in ferie, sapendo che le cose continueranno a funzionare e che verrà disturbato solo se questo è veramente necessario.
E sa anche che il giorno che lui decidesse o fosse costrettoa lasciare, le persone con cui ha klavorato saranno in grado di gestire la transizionea un altro manager, o di trovarne uno nuovo tra loro.
Ricordo anche che, come diceva Clemenceau, “Les cimetières sont pleins de gens irremplaçables, qui ont tous été remplacés”…