Il contro-decalogo del project manager
Diversi anni fa ho pubblicato una serie di articoli scritti da Enrico Longo, un decalogo dal titolo Dieci buone ragioni per NON fare il project manager.
Ringrazio ancora Enrico per avermi permesso di ospitare i suoi articoli, accolti dai lettori a volte con divertito interesse, a volte con polemiche anche robuste.
Oggi intendo mantenere una vecchia promessa e pubblicare il contro-decalogo del project manager, una mia risposta puntuale agli articoli di Enrico.
Pronti a cominciare? Ci sei anche tu Enrico? Bene, partiamo!
1 – Il mestiere del project manager non esiste.
Il mestiere del project manager esiste Enrico, eccome. (Non) lo sanno tutte le organizzazioni che:
- perdono soldi perché non sanno gestire le commesse (che spesso confondono con quelle del supermercato);
- affrontano i progetti di cambiamento strategico oppure organizzativo affidandoli a persone alle quali chiedono di fare i PM senza sapere che avrebbero bisogno di PM (e senza sapere che cosa sia un PM, ma questa non è un’attenuante…);
- confondono i PM con i product manager, e qui mi fermo perché la lista potrebbe essere lunga.
Sostieni che “le conoscenze indispensabili a tutti i PM sono leggere, scrivere, parlare, ascoltare” e che “molte cose potrebbero essere fatte meglio se tutti davvero sapessero leggere, scrivere, parlare e ascoltare”.
Beh, se la metti su questo piano cosa dobbiamo dire dei consulenti?
2 – Il project manager è un non-esperto in balìa degli esperti.
Qui forse possiamo discutere, perché la capacità di parlare con gli esperti da non esperto richiede una buona dose di pensiero critico, competenza davvero poco diffusa. E mi duole affermare che non ho evidenza che i PM facciano eccezione.
3 – Il project manager non dà valore aggiunto.
Il PM non progetta, non vende, non realizza: e questo ti porta ad affermare che non dà valore aggiunto. Mettere in fila processi, coordinare gli interventi, verificare i tempi, restare nei limiti di budget previsti sarebbero secondo te attività senza valore aggiunto? Volevi provocare, lo so…
4 – Il project manager ha solo colpe e nessun merito.
Capita che faccia da parafulmine o da capro espiatorio, la nostra è la cultura della colpa. E quando confonde il negoziato con la mediazione se lo merita.
5 – Il project manager non è un manager. Non ha nessun potere.
Se vogliamo convincerci che a dare potere al PM siano le persone che riportano a lui gerarchicamente hai perfettamente ragione. Troppo spesso infatti le organizzazioni autorizzano il PM esclusivamente a una gestione funzionale delle persone allocate al progetto (del resto bisogna pur farsi del male, no?).
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che non sono le figurine a dare potere al PM ma la sua capacità di far accadere le cose. Con il riporto gerarchico tutto sarebbe più semplice? Forse, ma sai quanti PM ho visto allegramente ignorati dai collaboratori o scherniti (a loro insaputa) alla macchinetta del caffè?
6 – Il project manager si fa odiare da tutti!
Mettiamoci un quasi, anche solo fra parentesi. È nelle cose che il PM sia odiato: del resto è quando metti d’accordo tutti che devi davvero preoccuparti…
7 – Il project manager gestisce alla meno peggio errori altrui.
Beh Enrico, ti ho visto gestire con eleganza e disarmante onestà intellettuale “orrori” altrui. Archivio anche questo articolo come una provocazione.
8 – Il project manager non accresce, nel tempo, la propria professionalità.
Quello del PM è uno dei mestieri più complessi e affascinanti. Richiede competenze trasversali e sempre piuttosto difficili da reperire o costruire in tempi compatibili con le esigenze dell’organizzazione; competenze che spesso si imparano prima sul campo e poi dalle sacre scritture. Chiedere ai selezionatori per credere.
9 – Il project manager non guadagna a sufficienza in rapporto all’impegno.
Ecco, quella di farsi pagare adeguatamente non è fra le migliori caratteristiche dei PM, perché capita troppo spesso di vedere persone non retribuite in modo commisurato al proprio valore. Suggerisco di prendere familiarità con il benchmark retributivo e, se non bastasse, di leggere i miei articoli sull’aumento di stipendio (la parola chiave “aumento” nella casella di ricerca del blog porta sempre a “buoni articoli”).
10 – Alla lunga, i project manager sono tutti disoccupati.
Capita Enrico, capita. Anche i PM di valore possano perdere il posto e possono fare fatica a ricollocarsi. Ma sono anche pronto a scommettere che sono in grado, in qualità di professionisti ad elevato “contenuto di conoscenza”, di resistere meglio di altri alle bordate delle crisi.
In parte, la risposta la dai nel tuo articolo. PM in un certo senso si nasce, nel senso che persone capaci di comprendere e gestire la complessità indotta da un numero elevato di variabili fino a comporle in un risultato sensato hanno un tratto che le contraddistingue, e sul quale conviene capitalizzare.
E se hai il gusto di gestire la complessità sono pochi i mestieri che puoi fare con maggiore soddisfazione.
Collegamenti utili
Project management, Il potere delle domande, Migliora il tuo ascolto.
ESAGERATO !!!!!!
Mi costringi a riprendere in mano la penna. E l’argomento.
Le mie riflessioni sul PM erano figlie di un tempo complesso e difficile, ma al contempo pieno di stimoli ed iniziative.
Adesso provengo da 5 anni passati dietro la stessa scrivania ad incolonnare numeri. Forse non sono più all’altezza.
Enrico
Sapevo che se avessi chiesto un tuo parere mi avresti risposto picche, per questo ti ho anticipato! 🙂
E vedrai quando lo pubblico nel gruppo dei tuoi colleghi PM, quelli che hanno espresso tanto apprezzamento verso di noi…
Coraggio, vinci la pigrizia e dammi una mano!
A presto leggerti, Arduino
Ciao Ardy,
nella mia limitata esperienza di project manager, mi ritrovo nel tuo contro-decalogo, pur comprendendo perfettamente quello che sostiene E. Longo. Sai la ragione? Mi piace, è una funzione affascinante, trasversale, operativa. Il lato retributivo è quello effettivamente più debole, siamo pratici. Forse il boss di turno sa bene che è proprio la ragione che ho detto che ci fa sfruttare.
Un saluto,
Cesare
Grazie del commento Cesare.
E soprattutto, benvenuto su tibicon: per noi, un acquisto importante!
A presto leggerti,
Arduino
Arduino, da ex PM concordo sia con Enrico che con te. Probabilmente sono le due anime, la iper-autocritica derivante dall’ esperienza e la pragmatica, che coabitano nella mente del PM e ne guidano l’ operato. Se ben ricordo, il completamento del progetto secondo i parametri stabiliti preventivamente comportava a volte situazioni di “solitudine” del PM dovuta alle necessarie decisioni prese. Forse proprio la stessa percepita da alcuni manager di linea quando devono prendere decisioni che non accontentano tutti ? Inoltre, in quanto ad opportunità lavorative, sembrerebbe che questa funzione sia vista ormai come un costoso lusso di cui si può fare sicuramente a meno. La creatività è molto più economica ! Buon lavoro.
Mi occupo di informatica dal 1979 e posso dire che il lavoro da PM è esattamente come descritto. Un lavoro intutile per gente inutile
Ciao Fernando,
ti riferisci al decologo o al contro-decalogo?
A presto leggerti,
Arduino
PM? Un lavoro di Merda svolto da gente di Merda. In pratica da un caporalato.
Buongiorno Fred,
un giudizio piuttosto nello il tuo, che lascia trasparire rancore.
Puoi spiegarcene le ragioni?
Grazie e a presto leggerti.
Arduino