Anatomia della vendita a... punti!
Poco tempo fa ho pubblicato una e-mail che mi è stata inviata da Edgardo, venditore che lavora in un’azienda che produce macchine per l’automazione industriale. Edgardo lamenta il fatto che l’azienda verifica l’efficacia della vendita controllando il numero di visite di ciascun venditore in un determinato periodo di tempo: ciò che si aspettano quelli del controllo di gestione è che a un’attività più intensa possano corrispondere vendite superiori.
E per aumentare il numero di visite il sales manager ha chiesto ai suoi anche di vendere “porta a porta”, cioè suonando ai campanelli delle società nelle quali capita loro di imbattersi quando si trovano nei distretti industriali.
Ciliegina sulla torta, sono previsti incentivi sul numero di contatti: l’obiettivo è portare a casa biglietti da visita delle persone che hanno incontrato per allegarli mediante pinzatrice ai rapporti vendite. Sono previsti incentivi per un adeguato numero di visite.
Edgardo, per lo meno disorientato, ha chiesto il mio parere per mezzo di questa e-mail, che vale davvero la pena di leggere.
Ecco quello che penso circa la situazione nella quale egli si è venuto a trovare.
Quella che io chiamo la “vendita a punti” rappresenta un modo di intendere la vendita molto più diffuso di quanto non si creda, attraverso il quale l’impresa si aspetta di aumentare il fatturato incrementando il numero di contatti della forza vendite con il mercato.
Mi sono imbattuto in questa pratica in ambito immobiliare, dove molto ben strutturati “metodi operativi” insegnano agli agenti che esiste una correlazione specifica fra transazioni alle quali riescono a dare vita e il numero di telefonate fatte per l’acquisizione di incarichi di vendita; in sintesi, più telefonate, più transazioni, più commissioni di mediazione.
Altro ambito nel quale la vendita punti è popolare è quello della progettazione, realizzazione e manutenzione dei giardini; in diverse aziende di questo comparto esiste una persona che non fa altro che “sfornare” offerte a soggetti diversi (privati o imprese che siano, che li contattano via Web o per mezzo delle più Pagine Gialle), anche quando le informazioni a disposizione sono sommarie, incuranti del fatto che quell’offerta potrebbe essere semplicemente usata per far abbassare il prezzo a un concorrente.
Infine, in alcune società industriali (impiantistica, automazione, componentistica, ecc.) il numero di offerte presenti sul mercato finisce addirittura in consiglio d’amministrazione, occasione nella quale l’amministratore delegato esibisce il voluminoso faldone a riprova dell’attività svolta e delle grandi opportunità future.
Tutte le realtà che ho incontrato, sia da manager sia del consulente, che adottavano la vendita a punti avevano in comune una gestione che, per i motivi più diversi, non attribuiva sufficiente importanza:
- alle informazioni che bisogna raccogliere prima di un contatto con il cliente potenziale;
- al fatto che fare visite al buio e produrre offerte ha un costo organizzativo, che non è semplicemente quello del tempo del venditore;
- alla preparazione del personale di vendita, dimenticando che un venditore preparato, che ha fatto dell’efficacia il suo credo, difficilmente migliorerà i propri risultati diminuendo la qualità della sua azione;
- al fatto che il cliente può chiedere un’offerta anche solo per avere un punto di riferimento, e che in quel caso stanno fornendo informazioni senza una conoscenza adeguata dell’uso che ne sarà fatto.
Nel caso di Edgardo l’azienda non si limita al controllo di gestione sulla base del numero di contatti “casuali” generati dalla vendita ma, incentivando il numero delle visite, garantisce al professionista un compenso sulla base di un’azione destrutturata, e quindi poco efficace per produrre nuovo fatturato: l’attenzione del venditore non è più né sul fatturato né sull’efficacia dell’azione.
Insomma, la tendenza sembra essere quella di cercare sopperire con la quantità quello che le organizzazioni non sono in grado o considerano troppo faticoso raggiungere con la qualità, illudendosi in questo modo di incrementare i risultati senza mostrare troppo i limiti della gestione.
Cosa suggerire quindi a Edgardo?
Due cose.
La prima è quella di continuare a raccogliere informazioni prima di contattare un cliente; questo gli permetterà di dare vita a incontri con superiore probabilità di successo, cosa comunque essenziale per il prosieguo della sua carriera: perché un venditore che non vende prima o poi…
La seconda è di valutare se esistano le condizioni per continuare a lavorare per un’azienda che, dovendo piantare un chiodo in una parete, si preoccupa di picchiare con forza prima ancora che di individuare il punto specifico.
Auguri!