Rinunciare agli specchi perenni
Durante la mia breve vacanza invernale ho letto un libro interessante.
L’eleganza del riccio
La storia si svolge quasi per intero in un condominio e ha per protagonista una portinaia alquanto singolare, il cui destino si incrocia con quello di una intelligentissima ragazzina di 12 anni e di un signore giapponese che sa guardare oltre ciò che appare a prima vista.
Perché ti parlo di questo romanzo?
Se segui questo blog con una certa assiduità avrai notato che torno spesso sulla diffusa tendenza a leggere e a incontrare idee e persone che sentiamo simili o uguali a noi, che ci aiutano a confermare le nostre certezze e ci autorizzano di fatto a escludere ciò che ci appare diverso.
Nel libro l’autrice Muriel Barbery sintetizza mirabilmente questo concetto, e una delle sue possibili conseguenze, attraverso il pensiero della protagonista.
Ecco, di seguito, il passo.
Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell’altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire.
Rinunciare, consapevolmente, agli specchi perenni non potrà che aiutarci ad affrontare la complessità del quotidiano: non credi?
Hai ragione Arduino!
Rinunciare agli “specchi” aiuta ad affrontare la complessità quotidiana e forse, ma dico forse, aiuta anche ad incontrare veramente l’Altro, come finestra e non come specchio di sè stessi.
Chissà quanto riesco a farlo?
@Linda. Spiegaci chi è l’Altro, vuoi?
@Ilaria. Hai pensato a cpsa fare per farlo?
Grazie e a presto leggervi,
Arduino
No. Sicuramente frequento e preferisco frequentare persona a me simili, perchè è più facile andare d’accordo, prendere decisioni comuni, ecc…. Però non evito chi è diverso a priori, a volte la diversità mi ha arricchito, a volte mi ha confermato che non mi piaceva. Forse però potre farlo anche di più.
@Ilaria
Interessante riflessione e lodevole intento.
Sono profondamente convinto del fatto che sia nostro interesse concentrarci il meno possibile su noi stessi e sempre più su ciò che ci circonda.
@Roberto
Ricercare la bellezza può essere un esercizio che ci aiuta a guardare gli altri e anche ciò che sentiamo lontano da noi.
La prospettiva di Roberto è quella di cercare ciò che accomuna, ma che in qualche modo finisce per accrescere la prospettiva di un sé più ampio nel quale rischiamo comunque di ricadere.
@Tiziana.
Condivido pienamente il concetto dell’unicità fra le persone e la fatica che comporta la rinuncia allo specchio.
Il pensiero che hai postato è molto triste e questa solitudine che echeggia sembra dire che siamo sconosciuti agli altri, e gli altri a noi. Mi pare, in sostanza, privo di speranza. Sbaglio?
Si lo credo anch’io, ma farlo è difficile, bisogna allenarsi, e mettere un po’ di bellezza negli occhi prima di togliersi gli “occhiali a specchio”. Se c’è bellezza negli occhi di chi guarda, è certamente più bello il guardare.
Che bella questa frase di Roberto!….Penso che certe volte nella vita, sia veramente necessario guardare il resto del mondo con la bellezza e aggiungerei con la pace nel cuore, cosicchè si possa apprezzare un fiore che sboccia, il sole che sorge, o un cielo stellato sopra di noi. In fondo sono solo queste le cose che ci fanno sentire meno soli. Essere disponibili all’incontro con gli altri, rinunciando agli specchi, comporta spesso rinunce sacrifici e tanto dolore, che resta dopo che ci siamo resi conto che gli altri non sono come noi e non potranno mai esserlo.
Ognuno di noi è unico non ci sarà mai un’altro essere umano uguale, forse simile ma mai uguale…per questo preferiamo incontrare noi stessi in quegli specchi perenni…fino alla fine dei nostri giorni…
Tempo fà ho trovato nel web una considerazione di uno sconosciuto che mi sembra in tema. Mi è piaciuta molto perchè la condivido ve la posto per qualche commento.
La vita è un’isola in un oceano di solitudine
le sue scogliere sono le speranze, i suoi alberi sono i sogni.
La nostra vita è un’isola distaccata da ogni altra isola
e non importa quante siano le flotte che toccano
le nostre coste, e non importa quante siano le navi
che lasciano le nostre spiagge per altri climi
rimaniamo isole ognuna per proprio conto
a soffrire le trafitture della solitudine e a sospirare la felicità.
Siamo sconosciuti agli altri e lontani dalla loro comprensione.
Grazie Tiziana
io intendevo solo dire che spesso si vogliono vedere solo le cose che ci rendono diversi e lontani, bisognerebbe invece allenarsi a cercare le cose che ci accomunano alle altre persone. Se non altro ci si sentirebbe subito meno soli.
Forse si Arduino, ma la natura umana è tale che non ce ne rendiamo conto e viviamo per farci comunque conoscere agli altri, per sentirci meno soli.
E’ in questi quotidiani tentativi che trascorre gran parte della nostra vita, tra fallimenti e piccoli successi, tra passi falsi e e coraggio di rialzarsi e riprovarci…altrimenti sarebbe una vita monotona o mono-tono.
Quello che gli altri percepiscono di noi nei nostri tentativi è meglio che non ce lo chiediamo altrimenti corriamo il rischio di fare la fine del povero Gengè Moscarda.
Per Roberto… io credo che il tempo usato per allenarsi a cercare cose che ci accomunano può essere utilizzato meglio…a me succede di di capire appena conosco una persona se c’è feeling…la comunione di qualunque cosa è sempre evidente e oserei dire va anche al di là dello sguardo e della presenza, può esserci anche a distanza nei pensieri, nelle opere o missioni come recita una famosa preghiera…bisogna allenarsi a non sentirsi soli questo è l’unico allenamento che se fatto con convinzione da ottimi risultati…poi se riusciamo a trovare qualcosa in comune con qualcuno…ben venga ci aiuterà a fare insieme un tratto di strada nella nostra vita in ottima compagnia!!