Il talkshow e il politico... animatore!
Tutte le mattine su Radio 3 un giornalista (la rotazione è settimanale fra professionisti di varie testate) redige la rassegna stampa e successivamente risponde alle domande degli ascoltatori. Il 9 febbraio scorso era il turno di Marcello Veneziani (scrittore ed editorialista di Il Giornale), al quale un ascoltatore ha posto una domanda particolarmente intrigante: perché chi va nei talk show finisce per occupare posizioni interessanti? Non meno intrigante è la risposta del giornalista, il quale parla del politico animatore.
Ecco domanda e risposta, sintetizzate per brevità.
Ascoltatore
Non guardo più i talkshow dal 1978, però ogni tanto ci ricasco e guardo qualche cosa. E noto che le persone che partecipano partono da illustri sconosciuti a arrivano a posti alti. Vediamo Salvini, vediamo l’ex presidente della Ragione Lazio. Questi talkshow sono causa ed effetto, cioè sono beceri e diventano tanto più beceri quanto più piacciono alla gente. Il produttore televisivo mette in onda qualcosa che è gradito al pubblico: se il pubblico non li guardasse i talkshow immediatamente cesserebbero. Sbaglio? Vorrei un suo commento.
Marcello Veneziani
Mi sembra un’osservazione pertinente. Siamo a una visione degenerata della democrazia, unita a un fattore commerciale, secondo cui il cliente ha sempre ragione. E allora se il gusto popolare è quello della zuffa o quello del tono semplificato, rude, secco, allora la televisione li asseconda pur di avere ascolti adeguati. Io vorrei sottolineare anche un altro aspetto, che riguarda proprio la politica e la selezione della politica.
Oggi non ci troviamo di fronte a 4 leader preminenti nel nostro Paese, che sono nell’ordine Renzi, Grillo, Berlusconi e Salvini. Bene, questi 4 leader hanno una legittimazione televisiva. Più che leader politici che hanno espresso una cultura alle loro spalle, sono animatori televisivi. la loro forza è nella capacità di comunicazione e nella capacità seduttiva nei confronti del pubblico.
Il popolo ridotto a pubblico, e quindi il talkshow diventa una specie di messa liturgica in cui officiare la presenza centrale del leader politico, che diventa appunto animatore. Questa riduzione del politico ad animatore credo che sia uno degli aspetti patologici della nostra epoca; cioé finisce il vecchio mediatore, che era il partito, finisce l’organismo collettivo, finisce l’idea stessa di politica come comunità, come stare insieme, e nasce l’idea dell’uomo solo al comando che non è il grande decisore, che potrebbe avere anche una sua plausibilità.
È piuttosto importante saper gestire il one man show, cioè riuscire ad essere bravi in televisione nel ruolo di animatore. Ecco questo è uno degli effetti collaterali, forse il peggiore, dell’uso e dell’abuso della televisione.
Ci sono leader che non hanno altra referenza che la loro capacità di andare in video. A me sembra una riduzione della democrazia e soprattutto una perdita della politica.
Ho capito, dalle affermazioni del giornalista, che quando ho disegnato il profilo del leader carismatico ho tralasciato le capacità di animazione.
Ora, ecco alcune domande per te:
- Cosa pensi delle affermazioni di Veneziani?
- Esiste, secondo te, il politico animatore?
- Quali responsabilità abbiamo, tutti noi, nel favorire il successo del leader animatore?
Se vuoi sentire la trasmissione puoi fare clic su questo collegamento e andare sul sito di Radio Rai a partire dal minuto 17.