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Quattro buone ragioni per lamentarti con continuità
5 Ottobre 2015 | Tattiche di sopravvivenza
Post aggiornato il 18 dicembre 2023
Dopo attenta riflessione, sono giunto alla conclusione che un impiego ripetuto del lamento non possa che risultare conveniente per gran parte delle persone che lavorano in un’organizzazione.
Vediamo insieme le ragioni:
- il lamento toglie di torno le persone che, quando ti incontrano, prima o poi ti dicono beato te, sottintendendo che quello che hai o fai in fondo non lo hai meritato;
- il far notare sistematicamente il carico di lavoro e/o le condizioni proibitive nelle quali sei costretto a lavorare costringe capi, colleghi e anche collaboratori a mantenere un’attenzione costante sul come accoglierai qualunque decisione. Insomma, potrai condizionare le scelte ancor prima di aver espresso un parere;
- ti sarà più facile ottenere aumenti di stipendio. Se non per meriti, il tuo capo sarà incline a concederlo almeno per godere per qualche tempo del tuo silenzio;
- come il figliol prodigo, vedrai accolte le buone prestazioni come straordinarie e ti guadagnerai una visibilità sconosciuta a quanti fanno costantemente, e senza fiatare, un ottimo lavoro.
Controindicazioni?
Poche, pochissime.
La strategia del lamento è sconsigliata a quanti vivono da sempre nel sottoscala, sono stati dimenticati e vivono nel terrore che qualcuno noti la loro esistenza.
Inoltre, le lamentele reiterate potrebbe causarti qualche seccatura se il tuo capo è uno che pensa che potresti meglio impiegare le energie per migliorare la qualità del tuo lavoro piuttosto che lamentarti di continuo.
Ma capi così sono rari e qualche rischio lo puoi correre…
O no?
Ancora una volta, dipende dall’ambiente; e il’ambiente dipende dai capi.
Se questi sanno fare il proprio lavoro, sanno esattamente quanto fa e quanto è carico ciascuno, e quanto ciascuno è portato a mugugnare (nota 1):
Se non sono competenti, esiste effettivamente il rischio che £”la ruota che cigola venga oliata”, e che chi si lamenta sembri più carico, mentre chi lavora a testa bassa senza fare rumore sembri troppo contento per essere davvero carico:
(nota 1) Sei al corrente del fatto che anticamente i marinai genovesi potevano avere una paga più alta se rinunciavano al “diritto di mugugno”?
http://www.cap2.it/curiosita/curiosita_mondo/curiosita_m.php
Sì, conosco la vecchia usanza dei marinai e capisco anche la tua osservazione.
Peraltro, come avrai capito, non ho mai amato gli strateghi del lamento e i novelli “figliol prodigo”; con me, quando ero in azienda, non hanno mai fatto troppa strada.
Grazie e a presto leggerti.
Ok: ma scmmetto che comunque verificavi per acceertarti che il lamento non fosse giustificato.
E forse questo è il modo giusto di procedere: sull’immediato cerchi di smorzare e scoraggiare la lamentela, ma comunque ascolti e, discretamente, verifichi se non ci sono davvero dei problemi… e nel caso li risolvi, ma senza collegare la cosa direttamente alla lamentela, per non incraggiarne altre.
Ciao Arduino,
penso che comunque molte volte il capo o responsabile lamentone sia inizialmente accontentato dai suoi superiori in termini di retribuzione e/o ruoli.
Inizialmente è così perché si vuol far tacere o tenere buono il can che abbaia, ma che sicuramente col passare dei mesi provocherà danni soprattutto morali ai suoi sottoposti e colleghi.
Ma allora, perché non fermare subito questa abitudine invece di aspettare quando le cose diventano più complicate per tutti?
Non più tardi dell’altro giorno, dopo che una collega lamentosa è stata sgravata da alcuni carichi di lavoro, che sono stati affidati a me, avevo deciso di cominciare a lamentarmi anch’io.
Ma non è nella mia natura, perciò, dopo il primo momento di sconforto, ho cambiato idea.
@Cesare. Proprio così.
@Stefano. Buona domanda. Spesso è più comodo cedere che affrontare le questioni.
@Franka. Me ne compiaccio. Ma se il lamento non è una strategia è pur sempre conveniente definirne un’altra. Non credi?
grazie e a presto leggervi,
Arduino
Ciao Arduino, trovo molto interessante il tuo approccio. Pensavo sempre che il lamentarsi andasse contro il principio del “think positive” e “yes we can”, e non di rado rifletto sulle mie risposte date a colleghi e penso che avrei dovuto essere invece più (pro)positivo.
Bruno
Ciao Bruno,
contento di aver dato un contributo al tuo approccio.
A presto leggerti,
Arduino