... e da piccoli mandiamo in acqua il loro cervello...
I Clienti, coltiviamoli da piccoli!
Già, questo il messaggio dello spot Vodafone (qui sopra) in abbinamento con Huawei Mate S, nel quale i bambini si aggirano felici in un negozio Vodafone giocando con il nuovo modello della casa che sta insidiando la leadership di Apple e Samsung.
Analizziamolo insieme.
Lo spot è tutto immagini e il copy piuttosto limitato: eccolo di seguito.
- Bambina domanda a gestore Vodafone visibilmente soddisfatto: Ma è così tutti i giorni?
- Voce fuori campo: La rete 4G più grande d’Europa da il benvenuto al nuovo Huawei Mate S.
- Voce di bambina che esce dal negozio atteggiandosi da adulta: Ciao…
- Voce fuori campo: Perché è bello tornare un po’ bambini nei nostri negozi…
Già, nello spot i bambini hanno sostituito i giocattoli con il telefonino e il negozio di giocattoli con il negozio Vodafone, proiettandosi direttamente nei comportamenti di un’età adulta.
Da brividi.
Poi ho scoperto uno spot al quale non avrei mai pensato. Guarda qui sotto.
Ecco il testo.
- Bambino: Quanti smartphone!
- Bambina a negoziante: Ma è potente potente?
- Bambino a negoziante, che annuisce soddisfatto: Mi hai già trasferito tutti i contatti?
- Bambina: Ah, ho capito!
- Bambino a negoziante: Posso provarlo?
- Bambina: Ma li avete proprio tutti!
- Altra bambina: Ah beh, 5 pollici…
- Negoziante saluta bambina che esce: Ciao!
- Bambina: Ciao!
- Voce fuori campo: Ti vogliamo felice come i bambini. Tutti i migliori smartphone e la migliore assistenza d’Italia e la rete 4G più grande d’Europa. Benvenuti nei negozi Vodafone.
- A questo punto la bambina, dopo essersi trasformata in Alessia Marcuzzi si trasforma nuovamente in bambina e pone al negoziante la più improbabile delle domande: Ma se vado sull’isola prende?
In un solo spot abbiamo tutti gli elementi già visti in precedenza più il richiamo al facile successo che un reality può portare.
Quale strategia commerciale ha portato a questi spot?
Come saprai il mercato della telefonia mobile è piuttosto competitivo e i margini sono sempre più ridotti: di qui la decisione di puntare direttamente al consumatore quando è ancora bambino, confidando nella regola che tendiamo a rimanere fedeli alle marche che abbiamo sperimentato da giovanissimi.
E mettendo da parte il buon senso, che suggerirebbe di lasciare i bambini liberi di fare i bambini.
Cosa ne pensi?
In questo caso (diversamente dallo spot Agos) sarei più benevolo: in ambedue gli spot vieme mostrato che i “bambini” sono in realtà adulti (la bambina non si atteggia semplicemente da adulta, si vede che (ri)diventa tale), che con il nuovo “giocattolo” diventano bambini… e questo secondo me può essere accettabile. Quanto alla Marcuzzi, la sua notorietà, oltre a un calendario di qualche anno fa e ai suoi problemi intestinali, viene dall’aver condotto un reality… quindi serve a rafforzare l’associazione con il testimonial.
Ma, come dicevo, visto che non sono bambini che giocano a fare gli adulti, quanto semmai il contrario, non sono particolarmente scandalizzato.
Ciao Cesare,
la tua analisi è condivisibile se considerata in un contesto in cui la discussione avviane fra persone avvezze alla critica del messaggio pubblicitario.
Se è vero che la bambina in realtà è un’adulta, è altrettanto vero che lo spot si apre con una bambina che non ri-diventa adulta ma diventa adulta, offrendo un modello che nega l’essere bambini così come lo abbiamo vissuto fino a un recente passato.
Cosa ne pensi?
Grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino
Io l’ho interpretato come un ri-diventare adulta dopo essere tornata per un po’ bambina nel negozio Vodafone, ma in effetti si può leggere anche come indichi tu.
A questo punto sono curioso di sapere come lo hanno interpretato altri…
Il “gioco” della comunicazione sta proprio nella doppia interpretazione, che consente di colpire due target.
Ingegnoso, no?
Pensieri veloci e forse confusi.
Personalmente provo disgusto per questo tipo di uso (in termine non è casuale) dei bambini.
Premetto una considerazione: davvero molte persone, ancora oggi, credono che un oggetto (smartphone, tv o cos’altro) rendano più interessanti, più vivi, rendano la vita più divertente ecc ecc? A giudicare dai tagli della pubblicità sembrerebbe proprio di si…
Ma torniamo al nocciolo della questione. L’uso dei bambini per promuovere prodotti (materiali e non) che nulla hanno a che fare con il mondo degli stessi lo trovo molto squallido.
Sicuramente i pubblicitari sanno bene quale peso hanno i figli nelle scelte familiari, e quali pressioni sono in grado di esercitare in tale ambito.
Qualche esempio? Sapendo quanto ne sono attratti, perché non farsi aiutare dai figli per convincere i genitori che è venuto il momento di cambiare smartphone? Poteva bastare? Ovviamente no? Qualche genio è riuscito a ribaltare la frittata. Sapendo quanto è fastidioso per i genitori sentirsi continuamente chiedere il cellulare dai figli più piccoli per giocare, fare foto ecc, perché non creare un device dedicato proprio a loro? E ovviamente con una tariffa dedicata.
E come può l’adolescente non tirare la giacca del genitore per fargli fare un bel abbonamento a qualche pay-tv? Già si vede seduta/seduto sul divano a discutere con le amiche/gli amici quale film vedere.
Gli esempi sarebbero molti e vari, ma credo che il concetto sia chiaro. Personalmente utilizzare queste leve nel commercio è il modo perfetto per farmi rifuggire dai prodotti in questione.
I “piccoli” che vogliono sentirsi già “grandi” e i “grandi” che vogliono sentirsi di nuovo “piccoli”?
Per me li sopravvaluti, gente che fino a ieri faceva pubblicità con un pinguino con la voce di Elio non può essere così sottile se non involontariamente… ma la tua interpretazione sì.