Gli specialisti del tempo perduto
Incontro non pochi manager che trascorrono al lavoro tanto, tanto tempo.
Migliaia di e-mail da consultare, collaboratori che da soli proprio non ce la fanno, riunioni interminabili che divorano ogni spazio gelosamente conservato: insomma, una vita difficile.
Poi, la sorpresa.
Quando mi accade di poter dare un’occhiata più da vicino, mi accorgo che nella quasi totalità dei casi costoro sono dei veri e propri specialisti del perdere tempo: contribuiscono in modo considerevole al numero di e-mail inutili in circolazione, accettano più che volentieri la delega verso l’alto, garantiscono a ogni riunione una durata doppia rispetto a quella programmata, fanno di tutto per rendersi indispensabili.
Insomma, persone che non hanno ancora sufficientemente chiara la differenza che esiste fra gestire efficacemente il proprio ruolo, e le attività collegate, e passare tanto tempo “con” il lavoro.
Una inconsapevolezza che troppo spesso condividono anche con i loro capi, allegramente assenti.
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Ho collaborato con un professionista che rientra nella categoria descritta da te. Tanto competente quanto “social” e questo si traduceva in un ingente perdita di tempo giornaliera causando permanenza in ufficio di dodici ore al giorno e cinque ore di effettivo lavoro. Se la mia retribuzione fosse stata oraria…
E’ un malcostume diffuso in Italia a cominciare dai politici e dalla pubblica amministrazione e facendo parte di quest’ultima non nego che in vent’anni non ne ho subito l’influenza.
Purtroppo a volte ti devi adeguare a certe tempistiche che non sono il massimo dell’efficienza e dell’efficacia, ma il tuo ruolo purtroppo non ti permette di prendere decisioni in merito, penso di essermi spiegata…saluti Tiziana
Verissimo, qui in Italia accade spesso anche nel privato. Mi risulta che in Germania e in Francia, per esempio, ci sia un certo rigore a restare nell’orario di lavoro prestabilito per tutti, per cui se si vuole avere qualche risultato non ci si può badurlare tanto. Qui c’è una tendenza al divagare, al perdere di vista l’obiettivo o ad avere proprio un obiettivo, che è desolante.
Questa è una pessima abitudine che abbiamo importato dagli Stati Uniti, ricordo che anni fa un amico americano mi spiegava che c’era chi arrivava presto e partiva tardi – pur non avendo niente da fare e passando parte del tempo in più a leggere il giornale, senza essere scorretto perché lo straordinario tanto non era pagato – perché far vedere l’auto nel parcheggio era utile per far carriera.
Pensavo da noi fosse diverso, ma anni dopo sentii un nostro manager – da cui poi sono scappato – commentare negativamente il fatto che una nostra collega, bravissima e sempre puntuale, non era attaccata al lavoro perché non si fermava mai un minuto di più.
Io ho sempre pensato che lo straordinario – pagato o no – è, appunto, straordinario: sacrosanto chiederlo e farlo quando davvero serve, ma se la cosa è abituale c’è un problema di efficienza o di organizzazione che andrebbe affrontato.
Anche dove lavoravo prima sentivo discorsi da parte del management del tipo “non fa un minuto di più” verso persone che erano estremamente produttive, al contrario dei vari perditempo. Ora finalmente sono in un’azienda che ha degli orari precisissimi: alle 18 si stacca tutti e si chiude 🙂
Dal punto di vista del manager incompetente, e’ senz’altro piu’ semplice valutare la performance dei propri collaboratori calcolando il tempo di permanenza in azienda piuttosto che entrare nel merito delle attivita’ svolte. Eppure dovrebbe essere assodato per tutti che se il tempo del lavoro e’ prolungato, anche l’intensita’ e la brillantezza del proprio contributo alla lunga viene meno.