Perché i giovani non trovano lavoro?
Il primo cruccio delle famiglie italiane riguarda i figli.
Quale futuro li aspetta? Avranno una vita migliore della nostra, come ogni genitore auspica?
Sembra proprio che le risposte non siano fra le più incoraggianti.
I dati Istat di novembre 2016 dicono che la disoccupazione giovanile in Italia è ancora altissima, superiore al 39%: un dato ancora più sconfortante se paragonato con quello medio europeo, intorno al 22%.
Quali sono le radici del fenomeno?
Proviamo a fare alcune riflessioni, anche avvalendoci di qualche numero:
- a novembre gli occupati sono in lieve crescita: la disoccupazione sale nelle fasce da 15 a 24 anni (dal 37,6% al 39,4%) ma diminuisce fra le donne e fra le persone con più di 50 anni;
- a 30 anni, solo 1 italiano su 4 ha conseguito la laurea, mentre in Europa sono 2 su 5;
- l’abbandono scolastico, cioè l’assenza non autorizzata dalla scuola dell’obbligo, è un fenomeno che interessa il 17,6% dei giovani (circa 750.000), contro una media europea del 12,8%.
Insomma, una prima ragione per la quale i nostri giovani fanno fatica a trovare lavoro sembra proprio il grado di istruzione: infatti, perdono il confronto con i coetanei europei, con le donne (1 su 3 le laureate mentre gli uomini solo 1 su 5) e con le persone che hanno superato i 50 anni (che evidentemente garantiscono alle imprese un superiore apporto di esperienza e, probabilmente, di affidabilità).
Che dire poi dei giovani privi di una laurea?
Basta aprire un quotidiano per leggere il grido di dolore che l’associazione imprenditoriale di turno leva a causa della mancanza di operai specializzati, manutentori, elettricisti o meccanici; per non parlare della mancanza di camerieri, cuochi e altro personale che raccolgo informalmente, e che non ha certo valore statistico.
Insomma, è tutta colpa di un mercato del lavoro difficile, di una scuola che ha perso molto del suo smalto e di un governo “di incapaci” (tanto per mutuare un giudizio sommario piuttosto diffuso sulla stampa) se i nostri ragazzi trovano tante difficoltà?
Sono credibili le storie di quanti affermano di essere in possesso di una o due lauree, di parlare più di una lingua straniera e, ciononostante, sono disoccupati?
Ho serie riserve; quando mi sono trovato ad approfondire casi del genere ho incontrato persone che commettevano errori grossolani, che finivano per rendere vani i già poco convinti tentativi di ricerca di un’occupazione.
Non vanno dimenticate le nostre responsabilità, perchè stiamo consegnando loro un paese in affanno, un debito pro-capite superiore a € 35.000 e una classe politica complessivamente poco preparata ad affrontare il futuro.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il mondo oggi offre maggiori opportunità e mezzi rispetto a quello di una o due generazioni fa.
Viviamo in un’epoca nella quale le informazioni (anche quelle relative al mercato del lavoro) si muovono con una rapidità mai conosciuta prima, possiamo viaggiare in Europa a costi non immaginabili fino a 10-20 anni fa, abbiamo la possibilità di creare relazioni professionali stabili e renderci visibili attraverso i social network, possiamo frequentare corsi di formazione gratuiti organizzati dalle più prestigiose università senza muoverci da casa; tuttavia, vedo poche persone sfruttare opportunità che oggi sono a portata di mano e che potrebbero contribuire a risolvere la situazione.
La mia conclusione?
Non ho fin qui visto persone cercare lavoro sfruttando tutti i mezzi disponibili restare con un pugno di mosche.
Vedo invece troppe persone continuare a piangersi addosso creandosi alibi di ogni tipo; queste sono destinate a una lunga ricerca.
Perché non c’è governo, fortuna, amico o genitore che possa trarre d’impaccio chi non è disposto a fare il necessario per se stesso.
Tu cosa ne pensi?
Parole sante. Io, che ho proprio due lauree e conosco 3 lingue, non sono mai stato disoccupato, e riesco ancora ad avere offerte. Però più di 50 anni, sarà quello il mio plus? 🙂
Ciao Andrea,
raramente mi occupo di selezione e devo confessare che trovare una persona si 25-35 anni che sta saldamente sui propri piedi non è semplice.
I tuoi 50 anni sino un plus?
Al momento direi proprio di si.
Hai letto questo articolo? https://www.tibicon.net/2015/09/carenza-competenze-2030-bcg-rainer-stark.html
A presto leggerti,
Arduino
D’accordo anch’io con te, anche se una riserva ce l’ho.
L’azienda dove lavoravo in precedenza, pur non avendo risentito granchè della crisi ha smesso di assumere operai, utilizzando sempre e solo personale proveniente da agenzie interinali. Ho lavorato con giovani molto in gamba e volenterosi che dopo anni di contratti da un mese o anche una settimana sono stati lasciati a casa dall’oggi al domani.
L’errore di queste persone è stato, ed è ancora, inseguire il mito del posto fisso, dell’azienda in cui lavorare tutta la vita fino alla pensione, ma sono in molti (aziende, agenzie interinali, scuole) che dovrebbero far capire alle persone che il “posto fisso” ormai non c’è più, che il mondo del lavoro è cambiato invece di continuare ad incoraggiare questo sogno ad occhi aperti
Claudio
Ciao Claudio,
come non condividere le tue parole.
La fine del “posto fisso” è una realtà dura da accettare, e su di essa sindacato e politica speculano, perché su questa illusione si costruiscono bacini elettorali immensi.
Grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino
Ho cominciato ad essere in disaccordo al primo paragrafo. Pensiamo ancora, nell’epoca dei “laureifici”, che il problema sia che i giovani non si laureano? Ricordo che subito dopo la laurea, prima di partire per l’estero per fare un dottorato, andai a fare un colloquio in un’agenzia interinale di una città del nord Italia. Volevo un lavoro per farmi le ossa. L’impiegato mi disse che la mia laurea era più che altro un ostacolo: nessun “capo” ha interesse ad assumere chi sia più titolato di lui. Penso che i fattori più ovvi qui non sia nemmeno citati. Il mercato del lavoro è sbilanciato: la domanda supera di gran lunga l’offerta, le aziende non vogliono costi extra: assumono maggioritariamente chi ha già esperienza, essenzialmente chi lavora già (“quanti troverai un lavoro, figlio?”, “quando avrò esperienza di lavoro, papà” dice una battuta), e possono permettersi di selezionare accuratamente i canditati, perché ricevono magari 60 ottimi cv per un posto solo. Molte, cosiddette offerte di lavoro inoltre, sono fittizie: vengono aperte nominalmente, quando sono già attribuite o ad un interno, oppure a qualcuno che è stato già proposto da esterni. Forse dovremmo parlare di questo.
Cordialmente
Ciao Andrea,
quando ho scritto questo post pensavo che avrebbe suscitato un dibattito più ampio: per questo ho atteso prima di rispondere al tuo commento, molto gradito.
Provo a rispondere al tuo commento per punti, anche se ammetto di non essere certo di aver capito ogni passaggio.
– la penuria di laureati non rappresenta una causa portante della disoccupazione;
– gli imprenditori preferiscono persone poco preparate, con le quali non trovarsi in competizione;
– molto posizioni sono fittizie, con posti già assegnati (internamente o esternamente);
– la domanda di lavoro supera largamente l’offerta (da parte di chi? ci sono più posti disponibili che persone pronte a trovare lavoro? immagino tu sostenga il contrario).
Credo che tu attribuisca ad esperienze negative valore universale.
Esistono imprenditori, soprattutti quelli a capo di aziende di piccole dimensioni, che non assumono persone più preparate di loro: ne ho conosciuti moltissimi. Questo non vuol dire che siano la totalità e che la scarsa preparazione sia premiante.
Molte posizioni sono fittizie? Lavoro con le imprese quotidianamente e non ho esperienza di casi del genere: ciò che vedo sono imprese che faticano a trovare persone adeguate alla copertura dei ruoli anche alla base della piramide.
La domanda di lavoro da parte dei giovani supera l’offerta? Credo che tu abbia ragione. La mia esperienza non ha valore statistico, ma ti assicuro che tutte le persone che vedo cercare lavoro con determinazione, lasciandosi alle spalle alibi e lamento, non restano senza lavoro.
Ora una cortesia.
Mi pare di capire dal tuo messaggio che ci sono aspetti che ho trascurato: vogliamo parlarne?
grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino
Concordo con quello che avete detto tranne che una cosa: il posto fisso esiste ancora: nella pubblica amministrazione. E proprio perché nel privato non esiste piu’ si ha che quelli con 2 lauree e 3 lingue vanno a fare i concorsi per cat. C dove è richiesto solo il diploma (istruttore amministrativo in Comune, Agente di Polizia Locale).
Da subito a tempo indeterminato a 21700 euro di RAL di base + salario accessorio + straordinari pagati, 36 ore settimanali anziché 40, tutti i diritti, 32 giorni di ferie l’anno.
La conseguenza è la fuga dei cervelli: i migliori vanno nella pubblica amministrazione a fare lavori sottoinquadrati rispetto ai loro studi e capacità a causa della pazzesca disparità di condizioni contrattuali.
Interessante commento Stefano.
Con alcune osservazioni:
– non tutti desiderano lavorare per lo stato. In giovane età ho avuto l’opportunità ma non ero interessato, come tantissime altre persone;
– non è detto che la pacchia duri all’infinito. Anche in banca si sentivano protetti…
Grazie per il commento e a presto leggerti.
Arduino
Io non la chiamerei “pacchia”, perché, contrariamente ai luoghi comuni, si lavora sodo, seppur meno ore. Personalmente accendo il pc sui programmi di lavoro alle 7.55 e finisco alle 14.05 con solo le pause per andare in bagno, ma di certo non mi lamento.
Il vantaggio è solo l’assenza del rischio che il datore di lavoro fallisca o riduca il personale o, peggio ancora, che voglia “svecchiare il personale” (licenziare gente anziana che si ammala di piu’ e che impara piu’ lentamente cose nuove a favore di giovanotti neolaureati e belle ragazze).
La sicurezza che sia sempre così non ce l’ho, di sicuro non c’e’ niente e domani potrei anche morire sotto un tram. Ma intanto per adesso è così.
Ciao Stefano,
per “pacchia” non intendevo ammiccare al fatto che si lavora poco: mi riferivo piuttosto alla non licenziabilità.
Conosco tantissime persone preparate che lavorano nella pubblica amministrazione con impegno e dedizione: e sono compiaciuto che tu sia fra questi.
Tuttavia, la non licenziabilità rappresenta secondo me una disparità sociale non degna di una società evoluta, tenuta in piedi solo perché toglierla di mezzo potrebbe avere un costo elettorale: e con l’alleggerimento della struttura pubblica potremmo serenamente finanziare degli ammortizzatori per quanti perdono il lavoro a causa di “gente anziana che si ammala di più e che impara più lentamente cose nuove a favore di giovanotti neolaureati e belle ragazze (cito le tue parole)”.
Grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino
salve . io sono un tornitore manuale con la scuola media . lavoro in una ditta e mi trovo bene , mi hanno gia cercato un ben 5 posti diversi qual ora dovessi licenziarmi dove sono attualmente . . mi pare che ci siano troppi laureati con la teoria . ma poi con la mani a parte usare il mouse manco sanno cambiare una ruota di scorta dell automobile . mi spiace vedere 10000 persone laureate in fila x trovate 178 posti di lavoro nel comune di milano e poi si vedono un sacco di annunci con cercasi tornitori fresatori meccanici attrezzisti lattonieri ecc ecc e manco si trovano . come mai ?