Qualcuno ne è convinto...
Può la stupidità essere utile in azienda?
Tempo fa Silvia, attenta lettrice di questo blog, mi scrive in un commento:
Ciao Arduino, mi piacerebbe conoscere la tua opinione sulla stupidita funzionale e come la relazioni al pensiero critico. In molte aziende oggi si parla di stupid management, che a mio avviso niente ha a che vedere con il reciproco scambio di opinioni, contestazioni comprese. Grazie, Silvia.
Oggi, con colpevole ritardo, voglio rispondere alla sua domanda.
Silvia si riferisce al contenuto del libro Il paradosso della stupidità. Il potere e le trappole della stupidità nel mondo del lavoro (The Stupidity Paradox il titolo in inglese), che sembra riscuotere un qualche successo di pubblico.
Quale tesi sostengono gli autori (Mats Alvesson, e André Spicer), entrambi professori universitari?
Innanzitutto definiscono la stupidità funzionale come “la tendenza a ridurre la portata del proprio pensiero e a concentrarsi sugli aspetti limitati e tecnici del proprio lavoro”, e come “l’incapacità e/o la non disponibilità a far uso delle proprie abilità cognitive e riflessive se non secondo modalità ristrette e circospette”.
Difficile per gli autori non riconoscere che la stupidità funzionale può avere effetti letali, poiché nel lungo periodo contribuisce in modo determinate a una gestione che ha come conseguenza, quasi matematica, il tracollo aziendale.
Tuttavia, secondo Alvesson e Spicer, una presenza contenuta di stupidità nell’organizzazione può contribuire in taluni casi a contenere i conflitti e a creare un ambiente più armonioso; ciò accade quando le persone svolgono compiti ripetitivi con conformismo e senza porsi troppe domande circa la qualità del risultato finale.
Il vantaggio, nel breve periodo, sta nel fatto che il confronto viene meno, perché le persone che usano la testa sono in numero contenuto e possono prendere le decisioni che ritengono opportune (e che ci auguriamo siano le migliori…) senza incontrare troppi ostacoli.
Come mettere in relazione pensiero critico e stupidità funzionale?
Beh Silvia, direi proprio che l’uno esclude l’altra: l’esercizio di pensiero critico non può che fare polpette della stupidità funzionale.
Interessante notare come il contenuto del libro abbia scatenato una serie di articoli di persone che, grazie a due eminenti professori, hanno scoperto che la stupidità funzionale può contribuire al successo dell’organizzazione, che non usare il cervello può essere utile e che chiedere alle persone di obbedire, senza mettere in discussione le disposizioni ricevute, sia cosa buona e giusta: chiedi a Google per credere.
Insomma, orde di lettori superficiali hanno creduto di scoprire grazie a Alvesson e Spicer che la stupidità funzionale ha un valore e che, tutto sommato, un’azienda può essere gestita con successo senza prepararsi troppo.
Mentre in realtà gli autori sostengono la tesi contraria.
Lo so cosa vuoi domandarmi, Silvia: perché i due professori hanno dato al libro un titolo che lasciava presagire contenuti sorprendenti, per poi deludere il lettore attento lasciandolo in compagnia di concetti ben noti?
Beh, che dire, anche i professori tengono famiglia.
No?
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Come sempre, il tuo contribuito mi e’ servito. Grazie