Che cosa hanno in comune Lippi e Schumacher?
Non certo lo sport praticato.
Michael Schumacher ha comunicato nel dicembre 2009 la decisione di tornare a correre in Formula 1 a bordo di una Mercedes.
È il momento peggiore della mia vita, aveva dichiarato in settembre 2009, dopo il mancato ritorno a bordo della Ferrari.
Oggi torna, più pagato che mai, convinto di essere ancora in possesso di efficienza fisica e mentale idonea a guidare un’auto di Formula 1. E di vincere il prossimo mondiale.
Se di abbaglio si tratta, ne sono vittima Michael e il Consiglio di Amministrazione della Mercedes.
E Marcello Lippi, il commissario tecnico della nazionale di calcio? Che c’entra il cittì della pedata?
Riferendosi a Schumacher, Lippi ha dichiarato al Corriere della Sera:
“Nessuno lo può capire quanto me. Anch’io ho lasciato e non vedevo l’ora di tornare. Volevo un altro mondiale”.
Marcello Lippi è tornato a sedersi sulla panchina della nazionale di calcio dopo il campionato europeo del 2008, che il suo predecessore ha archiviato con poca fortuna.
Conclusa senza infamia e senza lode la qualificazione alla fase finale del mondiale, Lippi si è fin qui distinto per l’atteggiamento poco rispettoso verso i tifosi e per l’ostinazione a non voler spiegare scelte tecniche che hanno portato fin qui a tenere lontano dal campo calciatori di sicuro valore internazionale: se la responsabilità tecnica è sua, il pubblico ha almeno il diritto di conoscere la ragione delle sue scelte.
La nazionale di calcio non è mai stato affare privato.
È convinto di avere probabilità elevate di vincere nuovamente il mondiale nel 2010, poco consapevole del ruolo che la buona sorte ha avuto nel successo del 2006.
Marcello come Michael: refrattari al ritiro, poco consapevoli di sé, incapaci finora di darsi una dimensione diversa da quella garantita dalla luce della telecamera.
Per entrambi, ritirarsi è un po’ come morire.
Ce la faranno?
Dubito che riusciranno a raggiungere gli obiettivi professionali: Michael ha per nemico il tempo, Marcello la scarsa consapevolezza di sé.
Per quanto riguarda la dimensione privata auguro loro di essere capaci di ritirarsi serenamente, ricordando le parole di N.N.Taleb:
Non importa con quanta frequenza si vince, se una perdita è troppo costosa da sopportare.
Cosa ne pensi?