Il prof Veronesi e la consapevolezza del tempo che passa
Nello scorso luglio Milena Gabanelli, giornalista di Report, ha sollevato sul Corriere la questione della candidatura da parte del Governo del prof. Veronesi, oncologo di chiara fama, alla guida dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare.
Tema che mi permette di fare una riflessione utile a identificare un comportamento ricorrente fra gli uomini di successo di fronte agli impegni, sorvolando sulla posizione dell’interessato sul nucleare (che meriterebbe un’analisi che rimando ad altra occasione).
Da un paio d’anni il prof. Veronesi è in parlamento con la carica di Senatore nelle fila del Partito Democratico, carica che ha accettato a patto che non portasse via tempo ai suoi pazienti: lodevole sacrificio, ma la Gabanelli giustamente ricorda che la carica è lautamente compensata con denaro pubblico a fronte di un serio impegno.
Ora, è stato proposto dal Governo il nome del prof. Veronesi come Presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare e nel luglio scorso il Senato ha approvato un decreto che gli consentirebbe di andare in deroga alla legge che vieta a chi ha incarichi politici di presiedere un’authority (vogliamo dubitare dell’onestà intellettuale del prof. Veronesi? Intanto un precedente è creato …).
Di nuovo, l’illustre ricercatore accetterebbe volentieri la nomina a condizione che non sottragga tempo ai suoi pazienti.
Milena Gabanelli, persona dotata di spiccato pensiero critico, si chiede come possa il prof. Veronesi, seriamente impegnato nella ricerca contro il cancro e in Parlamento, valutare la possibilità di aggiungere agli attuali impegni anche quello all’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare.
La giornalista vede, infatti, alcuni problemi.
Primo la competenza specifica del professore. In Francia l’Autorità è diretta da Jean Christophe Niel, 49 anni, laureato in fisica teorica che ha ricoperto incarichi di vertice nel controllo sul ciclo del combustibile e dei rifiuti, per anni capo del dipartimento per la sicurezza dei materiali radioattivi.
«Sono un appassionato di fisica, non a caso ho ricevuto la laurea honoris causa», dichiara il professore, dimenticando che una laurea honoris causa ottenuta per passione non genera per definizione una persona dotata di inossidabile competenza specifica.
Poi la Gabanelli si ferma sull’età del prof. Veronesi e sui suoi numerosi impegni.
Alla verde età di 85 anni egli si appresta ad aggiungere, all’attività come ricercatore e Senatore della Repubblica, un incarico all’Agenzia per la Sicurezza Nucleare che richiede impegno e tempo pieno.
È cosa opportuna? Secondo la giornalista l’85enne professore vuole fare troppe cose, con il rischio di non fare bene niente: di fatto, il suo è un invito a lasciar perdere.
Ma l’analisi, non me ne voglia la valente giornalista, è parziale: perché non cerca di comprendere appieno le ragioni dell’oncologo.
Il prof. Veronesi si comporta come una persona che vede avvicinarsi l’ora del ritiro.
A 85 anni il vigore fisico tende a diminuire e aggiungere un impegno all’impegno lo aiuta a sentirsi vivo, utile e ricercato.
Egli, con scarsa aderenza alla realtà, sembra voler ignorare la sua scarsa conoscenza tecnica della materia (vitale per l’incarico, come testimoniano i francesi), attribuendo alla sua laurea honoris causa un valore di contesto che evidentemente non ha.
Il prof. Veronesi sacrifica al suo bisogno di esistere due altri elementi dello scenario per niente marginali:
– l’incarico è, di nuovo, retribuito con denaro pubblico;
– la sua nomina rappresenta un evidente tentativo di strumentalizzare la sua persona, indebolendo gli oppositori del nucleare: strumentalizzazione della quale egli non sembra avvedersi.
Per concludere, vorrei chiedere al prof. Veronesi di rispondere a una domanda.
Se Jean Christophe Niel, alla guida dell’Autorità francese, fosse in possesso di una laurea honoris causa in oncologia, lo riterrebbe idoneo a guidare l’Istituto dei Tumori?