Gli invisibili secondo Claudia. E secondo voi?
Il 7 aprile ho pubblicato un articolo sugli “invisibili”, quei giovani fra i 15 e i 29 anni che né studiano né lavorano e che sembrano avere un futuro incerto: indicando l’accesso a un livello di istruzione superiore come elemento strategico per aiutarli a uscire dal pantano e al contempo rilanciare l’Italia.
Chi vuole leggere l’articolo può cliccare qui.
Fra i commenti pervenuti, numerosi e interessanti, quello di Claudia ha affrontato il tema dalla prospettiva della responsabilità dei ragazzi.
Di seguito, in corsivo, una sintesi del commento.
Ma siamo sicuri che i ragazzi oggi siano “vittime” del sistema e che sia colpa di tutti noi se si trovano in tale condizione? Io ritengo che alla base ci sia anche una mancanza di carattere da parte loro …
Ricordo che “ai miei tempi” (che frase terribile) c’erano meno soldi in tasca, pur anche preso di esempio un ragazzo che non lavora e che viene sostenuto dalla famiglia …
Ma siamo davvero sicuri che ce li abbiamo messi noi in questa situazione di disagio ?
Oppure forse ci son scivolati perché hanno sempre avuto un tetto , il cellulare, gli amici con i quali uscire a ballare …. e danno queste cose “per scontato”.
Mi spiace, ma io penso che manchino di coraggio e voglia di re-inventarsi (ovviamente non tutti perché conosco anche ragazzi veramente in gamba): ma la maggior parte si fa trascinare dagli eventi anziché “costruirli” …
Voi cosa ne pensate? Siete d’accordo con Claudia?
Ciao. Scrivo quello che spero sia un contributo effettivo. Da quanto ne so dalla stampa di questi ultimi mesi, i ragazzi Not in Education, Employment or Training (NEET) sono quelli raffigurati da Claudia nel suo articolo. Purtroppo tanti si fregiano di essere “invisibili”, perché le soluzioni per le problematiche di lavoro, welfare, previdenza non sono a portata di mano per nessuna categoria. Si dicono invisibili, per esempio, anche i professionisti autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’INPS, perché le loro professioni non sono mai state e di fatto non sono ancora regolamentate, pur dando contributi enormi al welfare di altre categorie. L’invisibilità è involontaria per i soggetti che la subiscono – però di qualsiasi invisibilità si tratti – spero e auguro che ci sia rappresentanza e che si possa far gruppo di pressione per uscirne. A testa alta, anche.