Il leader e la legge del taglione
Perché le persone che detengono il potere da tanto tempo (spesso anche in età avanzata), non si ritirano?
Le ragioni sono le più diverse: quella di cui vorrei parlarvi stasera è la legge del taglione.
La legge del taglione stabilisce che i criminali debbano ricevere punizioni commisurate alla pene inflitte alle loro vittime: insomma, occhio per occhio, dente per dente?
Anche se oggi la legge del taglione non è più prevista fra le forme di giustizia adottate, essa è ancora viva nell’inconscio individuale e collettivo: la persona che sta per lasciare una posizione di potere può provare sensi di colpa e paura di essere punito che si manifestano con stress, depressione, incubi e altri sintomi davvero poco allegri.
Segnali sufficienti a convincere il leader a rimanere ancorato al ruolo quanto più a lungo possibile.
Dobbiamo anche considerare che chi occupa posizioni di comando deve necessariamente prendere decisioni che difficilmente godono del consenso generale: alcune persone, a causa delle decisioni prese, possono soffrire o vedere la propria vita radicalmente cambiata senza che esista, da parte del leader, una reale volontà di nuocere.
Per non incorrere nel rancore altrui o addirittura nella vendetta, taluni capi tendono a ridurre al minimo i conflitti o addirittura a evitarli: pendano, in questo modo, di contenere la probabilità di essere oggetto di ritorsione.
Va da sé che da costoro otterremo una gestione orientata alla propria incolumità, difficilmente coerente con gli obiettivi dell’organizzazione.
In conclusione, il potere diventa per il leader l’ancora alla quale aggrapparsi il più a lungo possibile: l’ansia di proteggersi può sfociare in azioni tese a difendere il proprio stato con particolare aggressività e con ogni mezzo, attaccando gli avversari (vissuti come nemici) anche quando non siano palesi le intenzioni di vendetta.
Siffatte situazioni possono avere conseguenze gravi, soprattutto perché possono avere una durata non contenuta e non prevedibile.
Come gestirle?
Non esiste una ricetta univoca, ma una vigilanza accorta circa le conseguenze delle decisioni prese dal leader e una particolare attenzione ai segnali di crescente aggressività possono aiutare l’organizzazione a rendere la transizione sostenibile.
Cosa ne pensi?
Se vuoi approfondire il tema puoi consultare la scheda di Leader, giullari e impostori, il libro che ha ispirato l’articolo.
Basta mettere le regole prima che i potenti lo diventino, prevedendone il ritiro per tempo, senza eccezioni.