Eugen Herrigel (1884-1955) insegnava filosofia a Heidelberg quando, nel 1924, fu invitato a tenere dei corsi all’Università Imperiale di Sendia, in Giappone.
Tornato, dopo parecchi anni, in Europa, pubblicò nel 1948 questo libretto che ha avuto da allora una grande fortuna in molti paesi.
Questo piccolo libro, da anni molto letto e molto amato in tutto il mondo, è forse il più illuminante, più lucido e utile resoconto, scritto da un occidentale, di come un occidentale possa avvicinarsi allo Zen.
Un professore tedesco di filosofia, Eugen Herrigel, vuole essere introdotto allo Zen e gli è consigliato di imparare una delle arti in cui lo Zen da secoli si applica: il tiro con l’arco.
Comincia così un emozionante tirocinio, nel corso del quale Herrigel si troverà felicemente costretto a capovolgere le sue idee, e soprattutto il suo modo di vivere.
All’inizio con grande pena e sconcerto; dovrà, infatti, riconoscere prima di tutto che i suoi gesti sono sbagliati, poi che sono sbagliate le sue intenzioni, infine che proprio le cose su cui fa affidamento sono i più grandi ostacoli: la volontà, la chiara distinzione fra mezzo e fine, il desiderio di riuscire.
Ma il tocco sapiente del Maestro aiuterà Herrigel a scrollarsi tutto di dosso, a restare vuoto per accogliere, quasi senza accorgersene, l’unico gesto giusto, che fa centro – quello di cui gli arcieri Zen dicono: «Un colpo – una vita».
In un tale colpo, arco, freccia, bersaglio e l’Io si intrecciano in modo che non è possibile separarli: la freccia scoccata mette in gioco tutta la vita dell’arciere e il bersaglio da colpire è l’arciere stesso.