Ma perché, non gli basta lo stipendio?
La situazione rappresentata la vignetta non è rara nelle piccola e media impresa, ovviamente quando di adeguate dimensioni.
L’imprenditore, arrivato a un punto critico nello crescita aziendale, decide di dare all’impresa un assetto organizzativo tale da consentirle di svilupparsi degnamente.
Cosa fa, allora?
Nomina un amministratore delegato e, quando questi non ne svolge le funzioni, anche un direttore generale.
Ma delegare è difficile, e lasciare le redini della propria “creatura” nelle mani di “estranei” non è così semplice: anche quando si è trovata gente competente.
Ecco allora il manifestarsi di situazioni come questa, nelle quali il direttore generale è stato assunto senza che il ruolo e le relative deleghe fosse chiaramente definite: lo so, il manager avrebbe potuto chiedere maggiore chiarezza al momento buono, ma fare troppe domande in sede di selezione può significare scoprire l’inaccettabile e quindi rinunciare alla posizione.
E allo stipendio…
Meglio tenere il profilo basso per un po’, per andare poi a reclamare il dovuto una volta conosciuto meglio l’ambiente e individuati i possibili perimetri d’azione.
A questo punto l’imprenditore, finita la luna di miele e sempre più convinto che “anche questo tutto sommato un genio non è”, ormai convinto che la sua impresa non potrà fare a meno di chi l’ha fondata, diventa riluttante a mettere le deleghe nero su bianco e decide lavorare nelle aree grigie: in fondo delegare verbalmente e lasciar fare di quando in quando ai manager cose di cui egli stesso non si vuole occupare può presentare qualche vantaggio.
Un po’ caro forse, ma tutto sommato comodo.
PS: Dov’è, in tutto ciò, l’amministratore delegato? Due le possibilità:
- copre anche la carica di direttore generale, nel qual caso si identifica con il personaggio di sopra descritto;
- ha già superato la fase descritta e, grato o rassegnato (o entrambi?…), ringrazia.
Cosa ne pensi?