Benedetto XVI e i 36 stratagemmi
Il Papa si è dimesso.
Fatto storico, per molti sconvolgente, che è riuscito perfino a diminuire per un paio di giorni l’attenzione di una campagna elettorale quanto mai chiassosa e povera di contenuti.
Il Papa ha dichiarato di aver deciso di dimettersi perché, a 85 anni, non ha più le forze per gestire un ruolo che richiede energia fisica e lucidità per affrontare un mondo in sempre più rapido cambiamento.
Era circolata la voce, poi smentita, che fosse malato.
C’è da credere alle parole del Papa?
Certamente sì, figuriamoci.
Tuttavia, l’aver denunciato le dimissioni senza averne informato preventivamente i collaboratori più stretti lascia intendere il fatto che il gesto abbia obiettivi sui quali pochi si sono fermati scrivere: io vorrei provare a fare delle ipotesi in merito.
Benedetto XVI si è trovato ad affrontare diversi nodi spinosi:
- il tema della pedofilia all’interno della chiesa, che probabilmente avrebbe voluto gestire con maggiore energia e che ancora oggi non sembra essere affrontato con la decisione e la trasparenza che merita;
- lo IOR, la banca vaticana, che è ancora senza presidente dopo la sfiducia a Gotti Tedeschi e che sembrerebbe avere una gestione lontana da quella prevista degli standard bancari internazionali (fra i temi di scontro fra l’ex-presidente e il consiglio della banca le norme antiriciclaggio);
- la fuga di documenti riservati dal suo appartamento per opera di Paolo Gabriele, suo maggiordomo e unico responsabile individuato, a proposito del quale tre cardinali anziani avrebbero consegnato al Papa un rapporto dal contenuto che alcuni giornali definiscono “sconvolgente”;
- la Curia romana, che da più parti si descrive dominata da ostilità talmente radicate da essere immuni a qualunque richiamo all’unità da parte del Papa.
Da qui probabilmente la decisione di lasciare: tuttavia, ciò che più sorprende è il come.
Non è stato, il suo, un umile ritiro ma l’atto di un combattente determinato ad avviare a soluzione una situazione estremamente complessa.
Il Papa ha voluto che fosse noto che i suoi più stretti collaboratori erano all’oscuro della sua decisione: fatto che interpreto come una pubblica attestazione di sfiducia.
Egli ha applicato due fra i più diffusi dei 36 stratagemmi impiegati nella guerra per attaccare: tagliare l’erba per svegliare i serpenti e attirare la tigre giù dal monte.
Il primo tende a dare vita a un’iniziativa che comporti un cambiamento sostanziale e costringa le persone coinvolte a un’azione chiara, che aiuti a identificare senza equivoci la loro posizione.
Il secondo parte del presupposto che la tigre sul monte è consapevole della sua forza e tende a trascurare la possibilità di essere vittima di un attacco; inoltre, pensa di poter continuare ad agire in modo indisturbato.
Le dimissioni del Papa sono tutt’altro che una resa: esse rappresentano piuttosto un’indicazione della strada da percorrere da parte di un Pontefice in possesso delle energie necessarie.
Una lucidità e una consapevolezza che mi piacerebbe vedere in altri leader, politici e d’impresa.
Grazie, Benedetto XVI.
Se vuoi leggere i due stratagemmi che ho citato segui i due collegamenti.
Tagliare l’erba per svegliare i serpenti
Attirare la tigre giù dal monte
Vai alla recensione del libro I 36 stratagemmi.
Concordo in pieno con questa analisi. Non dovendo rendere conto a nessuna autorità terrena, il gesto di Benedetto è, giuridicamente, l’atto più “dispotico” che poteva fare: con tutte le conseguenze che ne derivano e ne potranno derivare (un’azione chiara che “costringa” a “un’azione chiara”).
Fosse stata, come qualcuno sostiene, una “resa” del papato ad altri organismi ecclesiastici, la decisione di dimettersi l’avrebbe presa in modo collegiale: così, grazie al cielo, non è stato: Dio prega davvero per Pietro. Né riforma, né golpe, né rivoluzione dunque: giuridicamente, ulteriore affermazione del ruolo e dei diritti del papa.
Intendiamoci comunque sul termine “umiltà”: nel cristianesimo ogni potere ed autorità, fosse anche la più assoluta come quella petrina, va sempre intesa in un’ottica di servizio, e quindi di humus, dalla più facile alla più “grave”. In quest’ottica, ogni decisione del pontefice è per forza di cose sempre “umile”.
Lascia perplesso (e mi rivolgo alla stragrande maggioranza dei fogli cattolici) questo parlare di “umiltà del papa” solo in questa stra-ordinaria occasione: all’esterno il rischio è, come al solito, quello dell’incomprensione; all’interno, quello di consolidare quell’atteggiamento pubblico dei cattolici sempre insicuro e sulla difensiva, quando sappiamo (o dovremmo sapere) che non giochiamo mai da soli.
Mi fa piacere leggere una visione positiva sull’avvenimento, al posto di tutte le altre catastrofiche.
@Andrea. Condordo con la sostanza del tuo discorso, anche se confesso una certa diffidenzxa verso il termine umiltà. Nella fattispecie non capisco il legame fra humus (ecco cosa trovo su Wikipedia: L’humus è un componente chimico del terreno. È pedologicamente omogeneo, di colore bruno e formato da prodotti di vario grado di polimerizzazione, frutto della degradazione e rielaborazione della sostanza organica del terreno. L’humus rappresenta la parte più attiva, sotto l’aspetto chimico e fisico, della sostanza organica del terreno e interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante influenzando le proprietà chimiche e fisiche del terreno. La scoperta dell’importanza dell’humus per la nutrizione della pianta la si fa risalire all’agronomo tedesco Albrecht Thaer) e il servizio.
Ci aiuti a capire la tua posizione?
Grazie e a presto leggerti, Arduino
@Ilaria. La visione è positiva, la lacerazione interna alla Chiesa riempie di tristezza anche un non credente.
Grazie Ilaria, e a presto leggerti.
Arduino
Concordo