Agire o aspettare che le cose accadano da sé?
Ci troviamo spesso di fronte alla necessità di affrontare una situazione indesiderata e indurre un cambiamento nell’ambiente che ci circonda.
Questo ci accade sia come persone, relativamente alla vita privata o professionale, sia quando, all’interno delle organizzazioni, ci troviamo ad affrontare situazioni di cambiamento o una gestione del business che presenta aspetti problematici.
E spesso sorge il dubbio: cosa faccio?
Agisco oppure rimango fermo aspettando l’evoluzione delle cose, consapevole del fatto che spesso è proprio la soluzione sbagliata a creare problemi di natura più rilevante?
Prima di tentare una risposta voglio leggere con te un pensiero di Elizabeth Cady Stanton, attivista sociale dell’800 che si è battuta per i diritti delle donne.
Stai a sentire.
A volte ci dicono che, se solo fossimo rimaste tranquille e in silenzio, tutte queste cose meravigliose sarebbero arrivate da sole. Il che mi fa venire in mente quel buffone greco che, avendo visto un arciere abbattere un uccello, saggiamente disse: ”Potevi risparmiarti la freccia, tanto l’uccello sarebbe comunque morto nella caduta”.
Insomma, difficilmente la rinuncia ci porta al risultato desiderato.
Che fare allora? Agire sempre e comunque?
Posso dire cosa cerco di fare quando mi trovo di fronte alla domanda iniziale: anche quando la scelta è quella di non agire sono comunque attento al fatto che io non stia rinunciando, ma che l’(in)azione sia comunque pensata per generare il cambiamento desiderato.
Perché in caso contrario starei affidando la soluzione al caso.
Tu cosa ne pensi?
Hai una regola diversa?
Collegamenti utili
- Se sei interessato al tema del cambiamento puoi leggere questi libri: Change, Governare il cambiamento.
Per carattere io non attendo che le cose capitino, pur cercando sempre di non “buttarmi nel vuoto”. Per quanto possibile individuo il problema, il contesto nel quale mi trovo e cerco di immaginare come la situazione di evolverà, indipendentemente da me. Dopodiche’ cerco di organizzarmi, cerco di anticipare gli eventi e cerco di sfruttare tutte le occasioni che mi si presentano. E’ comunque un lavoro continuo di monitoraggio e di aggiustamento: provo a cambiare attivamente insieme al contesto nel quale mi trovo e che si sta modificando, ma non ho mai la certezza che la strada intrapresa sia quella giusta. La passività, comunque, non e’ nel mio carattere. ciao!! Barbara
@Barbara. Me ne compiaccio :-). A presto leggerti. Arduino
Viviamo in osmosi con ciò che ci circonda, credo che la consapevolezza sia dunque essenziale per decidere se agire o no. Parafrasando Watzlawick é impossibile non agire
Ciao Arduino, bellissimo tema! Nel mio lavoro cerco sempre di controllare quello che accade, perché altrimenti mi affiderei come dicevi tu, al caso. Certamente ci sono situazioni in cui i dubbi sono tanti, ma credo che solo agendo si ottengano risultati. Ciao
Il famoso essere o non essere di Amleto…
Il problema è che non agire è sempre un’azione anzi, è la più incisiva e duratura in assoluto, ma richiede molta pazienza e soprattutto il sopportare la frustrazione apparente che non si stia ‘ facendo nulla’ , il senso di impotenza, in pratica.
Non agire richiede ‘ sacrificare’ secondo me una serie di sentimenti più basilari ma molto umani per raggiungere uno scopo superiore…per esempio sapere che il proprio partner tradisce ma per non traumatizzare i figli non litigare o non chiedere subito la separazione…anche se non è detto che sia giusto , nel senso che a volte dei traumi servono pure per crescere e per non vivere nella bambagia e non si può mettere SEMPRE gli altri davanti al nostro benessere, perchè prima o poi si scoppia.
Io vivo questo dilemma in modo molto forte perchè ho un indole molto pacifica ma sono costretta a cambiare atteggiamento ( agendo, anticipando, chiarendo) perchè putroppo mi sono spesso ritrovata accusata di atteggiamenti o cose assurde derivate dalla malizia degli altri a cui io non avevo neanche pensato lontanamente.
Ciao Benny,
capisco che vivi un momento difficile.
Agire o non agire? Come emerso, anche il non agire è una scelta.
In ogni caso la chiarezza è un investimento che ha un ritorno nel tempo.
Ottima giornata,
Arduino
Se “non agire” è una scelta, e non solo evitare o posporre la scelta, è legittima: com’era la preghiera di Tommaso Moro?
“Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre.”
(personalmente sui primi due punti, magari con un po’ di sforzo, posso giocarmela; è sulla saggezza nel distinguere che ogni tanto sbatto la faccia…)
Eccellente spunto di riflessione Cesare.
Come sempre utilissimo.
A presto leggerti,
Arduino
Per cosa è morta elizabeth cady stanton
Ciao Lucia,
la Stanton morì nel 1902 per attacco di cuore, 18 anni prima che negli USA le donne conquistassero il diritto di voto.
Grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino
Ho scelto di non agire.
Perché agire era forzare qualcosa alla quale non sono ancora pronta.
Se non sono ancora pronta è perché devo maturare bene l’idea e non agire d’ impulso, che mi fa perdere l’ equilibrio.
Aspetto, aspetto di agire naturalmente , deve venire da sé, così da non sentirmi in colpa, da non avere la sensazione che avrei potuto fare qualcosa altro.
Praticamente aspetto di non soffrire più.
Ciao Chant,
intuisco una riflessione personale più di un commento.
In ogni caso, il tuo mi appare un approccio più che condivisibile.
Il meglio per il tuo futuro.
A presto leggerti,
Arduino