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Le dimissioni imbarazzanti...

Vai alla concorrenza? Meglio!

28 Ottobre 2013 | di Arduino Mancini Dimissioni, che problema!

Post rivisto il 23 marzo 2025

Qual è la domanda che viene fatta a una persona quando dà le dimissioni?

La risposta è quasi banale:

Dov’è che vai a lavorare?

In genere il dimissionario decide prima se comunicare o no il nome dell’organizzazione che lo accoglierà, ma di questo parleremo in altra occasione; assumiamo in questo caso che, insieme alle dimissioni, l’interessato comunichi anche la sua nuova destinazione.

Che cosa è preferibile per l’azienda, che vada a lavorare per un concorrente o per un’organizzazione che con quella attuale non ha niente a che fare?

Nella mia esperienza

decisamente meglio che vada a lavorare per la concorrenza!

E ti spiego perché.

Vediamo cosa può succedere quando l’ormai ex collega…

  1. … decide di intraprendere un’attività autonoma;
  2. … va a fare un lavoro diverso in un mercato anch’esso diverso;
  3. … non cambia lavoro ma cambia mercato;
  4. … va a fare un lavoro diverso per un’azienda concorrente;
  5. … va a fare lo stesso lavoro, sempre per un’azienda concorrente.

Quando, come detto,  la persona ha un certo peso e le dimissioni non erano attese le reazioni possono essere diverse.

Nei primi tre casi, quando cioè la persona si occuperà di qualcosa che non influenza il business dell’azienda che lascia, le domande sono quelle di rito:

  • perché ha deciso di andarsene?
  • perché non era motivata a restare con noi?
  • soldi? carriera? cosa?
  • abbiamo spazio per trattenerla?

In questi casi a farla da padrone sono:

  • il rilancio;
  • qualche promessa promozione o di sviluppo professionale (di solito un po’ raffazzonata, in fondo è successo tutto così in fretta…);
  • le indagini neanche troppo velate circa le responsabilità del suo capo diretto il quale, ovviamente ignaro delle imminenti dimissioni, non si era accorto di nulla e non lo aveva saputo motivare.

Insomma, una situazione complessa nella quale è facile trovare occasione per rimpalli di responsabilità, accuse e conflitti, con risultato finale piuttosto incerto.

Tutto diventa più semplice nei casi in cui l’ex collega va a lavorare per la concorrenza, che faccia o no lo stesso lavoro.

Quando le dimissioni sono attese con la stessa speranza di una vincita alla lotteria di Capodanno si assiste a scene di gioia e battute ironiche sull’acume di chi ha avuto l’eccellente idea di arruolare il (fortunatamente) ex-collega: magari andassero a pescare un altro paio di ben noti idioti…

Quando invece il valore del dimissionario è universalmente riconosciuto, i colleghi spesso colgono al volo l’opportunità di compattarsi e considerare il dimissionario un ingrato, uno che ha dimenticato in fretta le opportunità che gli sono state offerte e tutto quello che l’azienda ha fatto per lui: e magari ipotizzano che si sia già portato via bel mucchio di informazioni riservate.

Insomma, una situazione in cui il consenso sulla valutazione, negativa, del comportamento dell’ex collega permette di evitare l’analisi delle responsabilità dell’organizzazione: le Risorse Umane, il capo del dimissionario e il capo del suo capo si compattano per evitare le conseguenza, incerte, di un possibile conflitto funzionale.

Che dire del fatto che una persona preparata,
che peraltro conosce benissimo l’azienda dalla quale proviene,
lavorerà “contro”?

Dettagli…

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