Vai alla concorrenza? Meglio…
Quando una persona dà le dimissioni la prima domanda è:
Dov’è che vai a lavorare?
In genere il dimissionario decide prima se comunicare o no il nome dell’organizzazione che lo accoglierà, ma di questo parleremo in altra occasione; assumiamo ore che, insieme alle dimissioni, l’interessato comunichi anche la sua nuova destinazione.
Che cosa è preferibile, che vada a lavorare per un’azienda che con quella attuale non ha niente a che fare o che vada a lavorare per la concorrenza?
Nella mia esperienza decisamente preferito il secondo caso, e ti spiego perché.
Vediamo cosa succede quando l’ormai ex collega…
- … decide di intraprendere un’attività autonoma,
- … va a fare un lavoro diverso in un mercato anch’esso diverso,
- … non cambia lavoro ma cambia mercato,
- … va a fare un diverso lavoro per un’azienda concorrente,
- … va a fare lo stesso lavoro per un’azienda concorrente.
Mi è capitato di osservare questi 5 casi e le reazioni generate da diverse prospettive: quella del capo diretto e quella del capo del capo.
Ecco cosa ricordo.
Quando la persona ha un certo peso nell’organizzazione (e magari nel fatturato) e le dimissioni non sono attese le reazioni possono essere diverse. Nei casi 1, 2, 3 ci si domanda, per esempio:
- abbiamo spazio per trattenerla?
- perché ha deciso di lasciarci?
- perché non era motivata a restare con noi?
In questi casi a farla da padrone sono il rilancio, qualche promessa di sviluppo professionale (non ben definita, è successo tutto così all’improvviso…) e la classica accusa al capo il quale, ignaro delle imminenti dimissioni, non si era accorto di nulla e non lo aveva saputo motivare: insomma, una situazione complessa con possibilità di conflitti e dal risultato piuttosto incerto.
Tutto diventa più semplice nei casi 4 e 5, quando cioè la persona va a lavorare per la concorrenza.
Quando le dimissioni sono attese con la stessa speranza di una vincita alla lotteria di Capodanno si assiste a scene di gioia e battute sull’acume di chi ha avuto l’eccellente idea di arruolare il (fortunatamente) ex-collega.
Quando invece il valore del dimissionario è universalmente riconosciuto gli interessati colgono al volo l’opportunità di compattarsi nel considerare il dimissionario un ingrato, uno che ha dimenticato in fretta le opportunità che gli sono state offerte e tutto quello che l’azienda ha fatto per lui: e che magari si è già portato via una marea di informazioni riservate.
Insomma, una situazione in cui il consenso sulla valutazione dell’ex collega evita l’analisi di responsabilità dei singoli: e i possibili conflitti che possono scaturirne.
Che dire del fatto che uno bravo, che peraltro conosce benissimo l’azienda dalla quale proviene, lavorerà “contro”?
Dettagli…