È il 1974 e il repubblicano Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti d’America al secondo mandato, si dimette dalla carica a seguito dell’inchiesta relativa allo scandalo Watergate, scoppiato due anni prima.
Alla base dello scandalo le intercettazioni abusive effettuate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico da parte di persone legate al Partito Repubblicano; lo scandalo prende il nome dal complesso residenziale Watergate Complex, nel quale è situato il Watergate Hotel, l’albergo in cui hanno luogo le intercettazioni che danno il via alla vicenda.
L’inchiesta che segue le intercettazioni porta alla richiesta di impeachment per il Presidente, cioè alla sua messa in stato di accusa del presidente e al conseguente rinvio a giudizio.
David Frost, scrittore, conduttore televisivo e produttore britannico con nessuna esperienza in campo politico chiede a Richard Nixon un’intervista offrendogli un compenso decisamente attraente; solo 3 anni più tardi, nel 1977, Nixon deciderà di accettare.
Per l’ex presidente l’occasione è piuttosto ghiotta; incassare molto denaro con una serie di interviste gestite da una persona priva di sostanziale esperienza in politica, e l’evidente opportunità di spiegare le sue ragioni e riabilitarsi agli occhi dell’opinione pubblica: magari rientrando in qualche modo in gioco.
Le interviste diventano un’occasione per rivisitare tutta la gestione Nixon: Il Vietnam, la Cambogia, ma anche i successi in Cina e URSS e la politica interna. E soprattutto il Watergate, poiché il vero scopo di Frost è quello di riuscire dove tutti avevano fallito: fare in modo che Richard Nixon confessi in diretta TV di aver agito illegalmente e di aver tradito il popolo americano.
Per fare questo Frost si circonda di collaboratori piuttosto preparati, mentre Nixon decide di non impiegare particolari accortezze, convinto di fare un sol boccone dell’avversario.
Come andranno le cose? Frost riuscirà nell’intento; come?… credo che dovrai scoprirlo da te.
Ora fai una pausa e guarda il trailer.
Il film è la trasposizione cinematografica dell’omonimo dramma teatrale di Peter Morgan; non a caso l’atmosfera teatrale si respira in gran parte del film.
Molti gli spunti interessanti.
Prima di tutto la fiducia, certo eccessiva, con la quale un astro dell’intrattenimento e senza alcuna esperienza nel giornalismo politico, decide di lanciarsi in un’impresa nella quale tutti, prima di lui, hanno fallito.
Per riuscire nell’intento si circonda di tre collaboratori: John Birt, Bob Zelnick e Jim Reston, quest’ultimo decisivo per mettere alle corde Nixon sulla questione del Watergate. Come gestirà Frost i tre collaboratori? In un primo momento in maniera piuttosto approssimativa, prendendo le decisioni in solitudine e senza coinvolgerli in maniera adeguata nella definizione della strategia di gestione delle interviste.
Successivamente, quando le cose sembrano mettersi al peggio Frost, che offre nel film la sensazione di aver pensato di poter intervistare l’ex presidente degli USA come se fosse un campione dello sport, decide di ricorrere a tutte le risorse disponibili: se stesso, cominciando finalmente a prepararsi adeguatamente, e i suoi collaboratori, grazie a uno dei quali troverà la chiave di volta per far capitolare Richard Nixon.
Una lezione che può essere utile a chiunque abbia la responsabilità della gestione di persone.
Che dire della figura dell’intervistato? Superbamente interpretato da Frank Langella, egli si presenta arrogante, convinto ancora di aver agito nell’interesse del popolo americano, avido di denaro e con una ragionevole dose di disprezzo per David Frost.
Con il proseguire delle interviste e con le diverse occasioni di incontro fra i due protagonisti, la sensazione che ho provato è che per Nixon il ciclo di interviste abbiamo via via mutato scopo: da un’occasione per riacquistare la fiducia dell’opinione pubblica e tornare in qualche modo nel gioco della politica esse si sono trasformate nella possibilità di dire ciò che sente dentro di sé, di aprirsi e liberarsi di un fardello diventato insostenibile.
Tutto merito di Frost la confessione di Nixon, come i più ritengono?
Certo, il conduttore è stato bravo, ma la sensazione che il film (e l’intervista originale…) ci lascia è che l’ex presidente altro non aspettase che l’occasione per riappacificarsi, prima di tutto con se stesso.
Ancora una riflessione sul tema della leadership.
Poco prima di chiedere scusa Richard Nixon afferma che per perseguire il mandato ricevuto dalla nazione un leader può trovarsi a commettere azioni discutibili, addirittura illegali; lui, consapevole di questo, non aveva esitato ad agire nell’interesse della nazione.
Questa dichiarazione è solo apparentemente in contraddizione con la confessione, poiché entrambe rappresentano facce diverse della stessa medaglia: una tipica situazione in cui il leader deve affrontare la dissonanza cognitiva che imprigiona le sue decisioni.
Un aspetto sul quale riflettere per più di un momento.
Buon divertimento!
Frank Langella, Michael Sheen, Kevin Bacon, Sam Rockwell, Toby Jones, Matthew Macfadyen, Oliver Platt, Rebecca Hall