“Per queste ragioni, mio caro amico, non solo non temo la vecchiaia ma anzi la vivo con leggerezza e la considero piacevole. Se per caso mi sbaglio nel credere che le anime degli uomini siano immortali, è uno sbaglio che commetto volentieri. E finché vivo non voglio essere privato di questa dolce illusione. Se poi, da morto, come credono alcuni filosofi di poco conto, non sentirò nulla, proprio per questo non avrò nulla da temere per il mio errore. Anche se non fossimo destinati ad essere immortali, è sempre augurabile per l’uomo spegnersi al momento giusto: la natura infatti fissa un limite per l’esistenza come per tutte le cose. La vecchiaia è l’ultimo atto della vita, perciò dobbiamo affrontarla senza stanchezza e senza sentirci sazi di aver vissuto.”
Come si può accettare di invecchiare? Come può un uomo rassegnarsi a perdere la bellezza, la forza morale e fisica, l’audacia della giovinezza? La risposta di Cicerone è semplice.
La vecchiaia dona all’uomo più di quanto non gli sottragga: sapienza, saggezza, rigore, doti che difficilmente un giovane possiede, ma che sono invece di enorme importanza nella vita di un uomo e soprattutto nella gestione della cosa pubblica, a cui ciascun cittadino è chiamato a dare il proprio contributo.
Gli anziani sono quindi una parte fondamentale della società, perché grazie alla loro conoscenza del mondo e alla loro prospettiva più larga, ricca d’esperienza, indicano ai giovani la via verso il bene comune e lasciano loro in eredità un tesoro di saggezza.